Finora l’Italia registra quasi 12.500 casi di nuovo coronavirus. Il Mezzogiorno non ne è indenne e preoccupa l’insufficienza di personale sanitario, di terapie intensive nelle Regioni meridionali. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità si tratta di una “pandemia”, per la rapida diffusione dei contagi, senza frontiere.
Sino al 25 marzo, da stamani i negozi sono chiusi ovunque da Nord a Sud, tranne i supermercati, gli esercizi di generi alimentari, le farmacie e affini. In diretta su Facebook, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha annunciato ieri la serrata, intorno alle ore 21,45. “Disponiamo anche – ha precisato – la chiusura di tutte le attività al dettaglio, al di là dei servizi essenziali”. “Se i numeri dovessero continuare a crescere, cosa nient’affatto improbabile, non significa – ha scandito Conte – che dovremo affrettarci a varare nuove misure. Non dovremo fare una corsa cieca verso il baratro. Dovremo essere lucidi, responsabili”. Il messaggio in video è stato seguito da oltre 350mila utenti, a riprova del legame tra cittadini e istituzioni che l’emergenza ha consentito di recuperare, a sette mesi dalla crisi di governo dello scorso agosto, preceduta e accompagnata dall’innalzamento dei toni della politica e da crescente aggressività verbale sui social, sintomo della rabbia, della disperazione e dell’impotenza popolare.
Nel pomeriggio di ieri il premier aveva discusso in videoconferenza con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. I due leader hanno sintetizzato le loro conclusioni in un comunicato congiunto, bilingue, nel quale si legge che occorre “da parte dell’Europa una risposta forte e coordinata e solidarietà”, i cui contenuti vanno definiti. Tuttavia l’aumento dei contagi in Francia, Germania e Spagna porta a ipotizzare deroghe ai vincoli di bilancio imposti dai trattati comunitari.
Intanto Mario Nanni, già notista di punta dell’Ansa, in un recente articolo su Prima Pagina News ha proposto un “governo di salute pubblica”, “con la più ampia base parlamentare di sostegno possibile: per affrontare insieme l’emergenza attuale e poi per varare un vasto piano di rinascita, di un Paese che non occorre la lampada di Aladino per capire che, quale che sia la durata della situazione sanitaria, uscirà stremato, impoverito, annichilito”.
Proprio questo è il punto cruciale, al netto delle dichiarazioni di unità nazionale che si susseguono assieme a dissonanze tra governatori regionali e Palazzo Chigi. Bisogna, cioè, guardare al futuro e prepararsi a organizzare e garantire la quiete, quando verrà, dopo la tempesta. Va dunque preventivato che la “calamità” economica giungerà nei mesi estivi, a prescindere dalla sopravvivenza o meno del nuovo coronavirus, questione su cui gli scienziati manifestano chiari dubbi.
L’attenzione è concentrata sulle necessarie misure di contenimento dell’epidemia, nella speranza che vengano rispettate appieno e che le Regioni in disavanzo sanitario come la Calabria, le più sguarnite a livello di assistenza ospedaliera, adottino piani operativi efficaci e in maniera coordinata. Al più presto, però, e Nanni ha ragione, bisogna che le Camere pongano il problema politico del rafforzamento parlamentare dell’esecutivo. Difatti si dovrà aprire un confronto nelle sedi europee sul rapporto deficit/Pil, articolare il Documento di economia e finanza e predisporre e poi esaminare la legge di Bilancio, con tutti i nodi sugli investimenti, sugli aiuti alle imprese e alle famiglie, sulle norme fiscali nel quadro generale venturo.
Il tempo scorre, nell’imprevedibilità degli eventi legati all’espansione dei contagi. Nel mentre, malgrado gli sforzi del presidente Conte – che peraltro ha anticipato la nomina di Domenico Arcuri, ad di Invitalia, a commissario per gli investimenti sanitari –, risaltano le difficoltà di gestione dell’emergenza: perché l’attuale titolo V della Costituzione ripartisce le competenze tra Stato, Regioni e Province autonome senza specifiche eccezioni; perché, in ordine al commissariamento dei Servizi sanitari regionali, con l’avanzare del covid–19 si infittisce il garbuglio di regole, poteri e prassi di intervento, dunque si rallentano e complicano le relative procedure.
Allora sarà indispensabile e urgente rinunciare alla svelta alle tentazioni populistiche tipo quella del senatore Massimo Mallegni, di Forza Italia, che in un filmato sul treno ha definito il nuovo coronavirus “un’influenza”, esortando gli italiani a non “essere presi per coglioni” e a “riempire autobus e aerei”. La politica di ogni lato, bandiera e ispirazione dovrà ragionare, possibilmente in sintonia, visti i ritardi e fatti clamorosi, sull’ammodernamento del Paese: sull’impiego universale delle tecnologie nei settori pubblici e privati, pure per semplificare la burocrazia; sull’esigenza di rendere Internet un servizio universale (a riguardo esiste una proposta di legge costituzionale a firma del deputato Giuseppe d’Ippolito, ndr); sull’importanza di promuovere e finanziare il telelavoro e – come richiesto dalle consulte provinciali degli studenti – la didattica on line, chiudendo una volta per sempre la partita della validità delle certificazioni digitali, che nel 2020 non sono univocamente accettate dagli uffici pubblici, dalle banche, dalle forze di polizia, dai vari apparati amministrativi e dai fornitori di servizi indispensabili.
Inoltre, senza polemiche e spaccature la politica dovrà accettare che altre epidemie o pandemie non sono escludibili né esorcizzabili. Pertanto dovrà rimpinguare il Fondo sanitario, avendo ignorato per anni l’entrata in vigore della legge numero 161/2014 sui turni e i riposi obbligatori del personale del comparto, che comporta l’assunzione di almeno 20mila unità – tra medici, infermieri e Oss – a tempo indeterminato, ai fini della sicurezza delle cure. Infine la politica, proprio alla luce delle disomogeneità, nel Paese, in materia di tutela della salute, dovrà rivedere i criteri di assegnazione delle risorse ai Servizi sanitari regionali, con la coscienza che quelli vigenti, che eludono i dati epidemiologici e i fabbisogni territoriali, penalizzano l’intero Meridione.