Comprensione e analisi

1. In questo passo, Corrado Stajano introduce il sentimento di smarrimento e sgomento sopraggiunto a fine Novecento a causa delle novità che hanno travolto le società in tutto il mondo. Innovazioni tecnologiche, mutamenti geopolitici, cambiamenti di pensiero e di abitudini. Dalla paura dell’annientamento durante i conflitti mondiali si è passati alla paura per l’incertezza del futuro dopo la caduta del Muro di Berlino che, invece di portare una ventata di gioia e libertà, rappresenta l’inizio di un disorientamento che l’autore definisce “stravagante”.



2. Stajano si riferisce al repentino cambiamento dello stile di vita delle persone, avvenuto durante il secolo scorso. Dai piccoli borghi di campagna, in cui gli abitanti facevano affidamento sul suono delle campane della chiesa che ha per secoli rappresentato il fulcro di ogni attività, in massa si sono riversati nelle città per lavorare nelle fabbriche, in cui il tempo è appunto scandito dalla sirena. 



3. L’autore sostiene di vivere nell’era del post perché, probabilmente a causa dello smarrimento e della paura causati dai numerosi cambiamenti, nel 1996 non vede ancora il sorgere di un nuovo inizio per l’umanità, ma sente di vivere in un “dopo”. Il prefisso “post” si riferisce infatti a qualcosa di temporalmente successivo ad altri fatti, che hanno segnato la vita delle persone, sconvolgendola a tal punto da rappresentare sì un punto di svolta, ma senza la speranza e la positività che dal mio punto di vista avrebbero portato Stajano all’utilizzo di un termine diverso da “post”, un termine che poteva staccarci dal passato per guardare con fiducia al futuro.



4. Stajano definisce “stravagante smarrimento” il sentimento più comune nel 1989 perché, inaspettatamente e irrazionalmente, la caduta del muro di Berlino ha diffuso paura e sgomento, invece di portare una ventata di libertà, gioia e speranza per un futuro migliore.

Produzione

Trascorsi oltre vent’anni dalla pubblicazione de La cultura italiana del Novecento, l’Italia in cui ho trascorso la mia adolescenza e in cui sto vivendo la mia gioventù è profondamente mutata e allo stesso tempo simile a quella descritta da Corrado Stajano. Lo stupore per le nuove tecnologie è stato sostituito dall’abitudine al loro utilizzo, oggi intenso e quasi continuo; l’incertezza dei flussi migratori dalle campagne alle città si è trasformata in opportunità per i giovani, sempre più incentivati a fare esperienza in luoghi lontani anche grazie alla facilità di spostamento; le sanguinose emancipazioni di inizio Novecento a sostegno di donne, omosessuali e minoranze si sono spostate online e oggi si diffondono rapidamente sui social network. Social network in cui è possibile esprimere opinioni, creare legami, diffondere conoscenza, combattere e quasi annullare il pericolo della limitazione alla circolazione delle idee, prima facilmente censurabili dato che l’unico mezzo esistente era la stampa. 

Ma la paura e i problemi non sono scomparsi. Sono semplicemente cambiati. Mutati coerentemente e assieme a una società in continuo e inarrestabile sviluppo. Restando ancorati al mondo virtuale, il grande problema negli ultimi anni è relativo al loro utilizzo, agli scopi per i quali gli utenti vi accedono. Se da un lato consentono un’infinita possibilità di crescita e sviluppo, dall’altro lato rappresentano un enorme pericolo. Hackers, pedofili, truffatori, e molte altre tipologie di malviventi possono nascondersi dietro un falso profilo per ingannare e adescare le loro vittime, troppo spesso minorenni e bambini. È infatti ormai consuetudine vedere un dispositivo elettronico nelle mani di un bimbo di dieci anni, e solo dopo una riflessione capire che la loro salute può essere gravemente minata da un così precoce e assiduo utilizzo. 

La rivoluzione digitale che ha colpito ogni singolo aspetto della società, dagli trasporti alle industrie, dalla musica all’istruzione, dai videogiochi alla cucina, è talmente rapida e incalzante da non permettere l’adeguamento di norme e precauzioni ai fini di proteggere gli utenti. Questo rappresenta uno dei problemi da prendere in considerazione il prima possibile, senza la superficialità che oggi circonda questo argomento. 

L’eredità maggiore che le nuove generazioni devono sostenere è anche il problema da risolvere con maggior urgenza e riguarda il futuro del genere umano: il cambiamento climatico. A partire dalla prima rivoluzione industriale in cui l’impiego di carbone era massiccio, passando per il proliferare delle fabbriche nelle periferie delle città a cui fa riferimento anche Stajano, per arrivare fino ai giorni nostri in cui gli investimenti sulle risorse rinnovabili sono ancora insufficienti per poter sostituire il petrolio, la Terra ha subìto le azioni dell’uomo e il suo inquinamento. Accecata dalla smania di produrre e guadagnare, l’umanità ha sempre ignorato la salute del nostro pianeta. Solo recentemente si sono diffusi teorie e movimenti a favore della salvaguardia dell’ambiente, supportate soprattutto dai giovani che in tutto il mondo si organizzano in flashmob (come lo sciopero Fridays for the Future di marzo scorso) e campagne di sensibilizzazione. Nonostante l’incuranza dei potenti del mondo che continuano a sottovalutare il cambiamento climatico, l’unione e l’interesse di così tanti ragazzi lascia speranze per un futuro meno inquinato. 

L’incertezza però si sprigiona anche e soprattutto dalla crisi economica, che dopo dieci anni non ha ancora affievolito i suoi effetti negativi, e dall’altalena politica che non assicura stabilità e lealtà ai suoi elettori. Proprio la politica è l’origine delle più grandi paure e vergogne del nostro secolo: nazionalismi, discriminazioni, propaganda, secessioni, scontri. L’Europa deve difendersi dalle accuse di parte dei suoi cittadini e di numerosi politici che la considerano debole, assoggettata al potere dei Paesi più potenti e responsabile della situazione di stallo in cui ci troviamo. Se da un lato preoccupano le recenti vittorie di questa componente e la diffusa disinformazione che permette il loro successo (in Italia il 47% degli aventi diritto al voto possono definirsi “analfabeti di ritorno”, ossia persone senza le capacità critiche per giudicare ciò che viene detto loro), le possibilità di contrastare le scelte politiche, di diffondere il buonsenso, di esprimere un’opinione grazie alle tecnologie digitali permettono di guardare ancora una volta con speranza al futuro. Speranza che mancava a Corrado Stajano e ai suoi concittadini alla fine del secolo scorso che, investiti dalle numerose ondate innovative e rivoluzionarie, si sono lasciati trascinare dall’incertezza e dallo sconforto.

Camilla Podini

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