È una storia a dir poco assurda quella che arriva dall’Iran e che ci parla di una condanna impartita dall’ayatollah Ali Khamenei contro l’attivista e blogger (sempre critico contro il regime iraniano) Hossein Shanbehzadeh: la sua colpa semplicemente – ma parzialmente – quella di aver osato correggere un post Twitter della Guida suprema; il tutto con un semplicissimo e misero segno di punteggiatura assente nel post originale dell’ayatollah.



Insomma – lo dicevamo già prima – la vicenda ha dell’assurdo e dimostrerebbe (ancora una volta?) la brutalità del regime di Ali Khamenei davanti al dissenso; ma va anche detto che nella realtà dei fatti l’attivista non è affatto nuovo alle condanne e quella del tweet corretto potrebbe essere solamente una scusa per impartirgli quella pena – si parò di sei anni di reclusione, proprio per aver criticato pubblicamente la Guida suprema – che riuscì miracolosamente a scampare nel 2019.



Ma rimanendo sul presente, vale comunque la pena sottolineare quanto misteriosamente appaiano collegati e consequenziali i fatti: a giungo – infatti – l’ayatollah pubblicò sul suo profilo Twitter una foto scattata con una squadra iraniana giovanile di pallavolo, scrivendo un normalissimo commento per ricordare la loro vittoria in Serbia; ma Shanbehzadeh avrebbe immediatamente notato l’errore e si sarebbe limitato a rispondere con un punto, dimenticato dalla Guida suprema alla fine del suo post.

L?assurda vicenda di Shanbehzadeh: condannato per aver corretto un post Twitter di Ali Khamenei

L’ira di Ali Khamenei sembra essere scoppiata immediatamente e sono passate poche settimane prima che l’attivista finisse in manette, colpevole di aver corretto il Supremo e – forse – di aver ottenuto più like e commenti (questi quasi tutti contro il regime) del post originale: in un primo momento non era chiaro quali fossero le accuse mosse contro l’attivista, ma l’impianto accusatorio è stato dettagliato nelle ultime ore dal suo legale; ironicamente in un altro post su Twitter.



Secondo il legale, il suo assistito rischia cinque anni di carcere per “propaganda a favore del regime sionista“, assieme ad altri quattro anni per “insulti al sacro” (questa l’accusa per la correzione all’ayatollah), ad uno per “propaganda contro il sistema” e ad altri due anni per “aver pubblicato menzogne“; il tutto corredato da 50 milioni di toman di multa. Dal conto suo il legale di Shanbehzadeh ha ricordato che dovrà – se condannato formalmente – scontare almeno cinque anni di prigione, ma ha già annunciato che intende impugnare almeno l’accusa per propaganda sionista visto che (a suo avvisto) non ci sarebbe alcuna “base materiale”.