“Corridoi turistici”: quella degli accordi privilegiati sembra essere la strada che alcuni paesi europei sono intenzionati a imboccare per tentare di salvare la stagione turistica e un settore che vale 1.400 miliardi di euro, il 10% del Pil europeo. Tra Austria, Francia, Svizzera e Germania i confini saranno riaperti dal 15 giugno, ma già da domani alle frontiere tedesche i controlli saranno meno stringenti. La stessa Germania propone la Croazia come meta privilegiata e alternativa all’Italia per i tedeschi che si spostano in auto verso mete marine Covid-free. L’Austria in vista dell’estate potrebbe attuare “corridoi turistici” anche con le vicine Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Slovenia. Francia e Regno Unito starebbero pensando a un’intesa per evitare quarantene a chi si sposta tra i due paesi. Estonia, Lituania e Lettonia aboliranno i controlli in dogana tra due giorni. La Grecia, infine, molto attiva su questo fronte, ha già raggiunto un accordo con Israele e ha lanciato la proposta a Norvegia, Austria, Bulgaria, Danimarca e Repubblica Ceca. In questo tourbillon di accordi privilegiati l’Italia, assieme alla Spagna, rischia di finire isolata. Ma su quali basi giuridiche si fondano questi corridoi turistici? Non violano il trattato di Schengen? E che posizione deve assumere l’Italia, la cui industria turistica rappresenta un asset fondamentale della nostra economia? Ne abbiamo parlato con Paolo Quercia, esperto di geopolitica e docente di studi strategici.
In Europa tutti stanno aprendo o vogliono aprire i cosiddetti corridoi turistici. Che cosa sono? A chi spetta concordarli e gestirli?
A me sembrano una nuova fase del caos in cui si sta cacciando l’Europa. Onestamente hanno poco senso da un punto di vista medicale per combattere il virus. Perché devo creare dei corridoi da aree ad alto contagio, come la Germania o la Svizzera, ad aree a basso contagio come la Grecia o la Croazia? Non hanno senso neanche da un punto vista giuridico, anzi sembrerebbero fatti per tagliare le gambe ad alcuni princìpi europei fondamentali come il principio di non discriminazione e la libertà di circolazione. Neanche la situazione di emergenza sanitaria può giustificare questo mostro giuridico. La Svizzera ha tanti contagiati per milione di abitanti quanti ne ha l’Italia ed è fuori dall’Unione europea. Perché dovrebbe far parte di quest’area di libero scambio “turistica” con Germania, Austria e forse Repubblica Ceca, mentre il confine con l’Italia dovrebbe restare chiuso? Non so, mi pare una situazione fuori controllo, che sta sfuggendo di mano.
Perché?
Perché sembra quasi una logica geopolitica che forza la mano al diritto e alla sanità. Che senso ha chiedere ai Paesi che partecipano a questi corridoi di turismo di chiudere i confini con altri Paesi limitrofi come l’Italia? Io capisco che si possano chiudere i confini in entrata, e va fatto anche in maniera non discriminatoria ma oggettiva. Ma chiuderli in uscita, come mi sembrerebbe si stia puntando a fare, mi sembra assurdo. Sono proprio curioso di vedere se avranno il coraggio di arrivare a tanto e su quale base giuridica costruiranno questo meccanismo.
Eppure a Bruxelles non sembrano preoccuparsi più di tanto di questi dubbi, perché la stessa presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, non si è opposta a questi corridoi, che rientrano in quelle che ha auspicato come “soluzioni intelligenti” per salvare la stagione turistica e un settore che vale il 10% del Pil europeo. I corridoi sono uno strumento per favore i flussi turistici tra paesi che hanno “situazioni epidemiologiche simili”. Che ne pensa?
Ma non mi sembrano aree epidemiologiche simili. Oltre all’obiezione giuridica, infatti, proprio sul versante epidemiologico vorrei sottolineare un aspetto delicato. In Europa, di fatto, Italia, Germania, Regno Unito e Spagna hanno grosso modo lo stesso livello di contagi in valore assoluto: non esistono differenziali enormi, fatte salve alcune regioni del Nord Italia dove c’è un’alta densità di concentrazione di malati. Perché è intelligente costruire corridoi privilegiati da paesi altamente contagiati, come la Germania, a paesi con tassi d’infezione molto bassi come la Grecia o la Croazia? Per me una soluzione intelligente non è quella che discrimina sulla base della nazionalità, ma tutt’al più sul principio positivo/negativo a un test obbligatorio per poter prendere un aereo.
L’Italia, per bocca del premier Conte, si oppone a questi corridoi, perché si verrebbero a creare dei “percorsi turistici privilegiati” e ciò equivarrebbe alla “distruzione del mercato”. Come giudica questa posizione?
Corretta, ma non basta. Va bene la battaglia di principio, per contrastare queste opzioni sul piano politico perché danneggiano i nostri interessi e il principio di uguaglianza dei Paesi membri. Ma fatta questa battaglia di principio, l’Italia avrebbe dovuto cercare di costruire i suoi corridoi turistici incoming, orientandoli su quella gran parte d’Italia dove il contagio è sotto la media europea. Ed è un’ampia fascia d’Italia: Sardegna, Sicilia, Puglia, Calabria, Umbria, Abruzzo e Molise sono tutte regioni a contagi bassissimi, parliamo di poche centinaia di casi attivi. Insomma, potevamo anche noi creare i nostri flussi, magari costruendo una macro-regione turistica fatta da alcune regioni italiane a basso contagio per “venderla” come un pacchetto, magari costruendo anche un protocollo di screening del traffico incoming con test obbligatori in aeroporto o attivando la famosa app di tracciamento. Certo, sarebbe un turismo d’emergenza, ma bisogna pure ripartire in qualche modo.
Sono cose però che non si possono improvvisare né che ti regalano gli altri Paesi europei, non crede?
Se hai una strategia chiara e complessiva, provi a costruire queste vie, sapendo che dovrai comunque superare ostacoli e combattere incomprensioni. Se invece vivi alla giornata, chiudi tutto e aspetti che passa.
Secondo lei, dietro questa scelta dei corridoi turistici c’è in Europa la volontà di colpire l’Italia in uno dei suoi settori più floridi e competitivi?
Ma no, direi di no. Per il momento non abbiamo nessun dato che può spingerci a pensarlo. Mancherebbe il movente, che potrebbe essere solo quello di una volontà di mandare in bancarotta l’Italia mettendo in ginocchio la sua industria turistica. Il che mi sembra assurdo. Più banalmente la situazione mi pare piuttosto il risultato del calcolo dei Paesi del Nord Europa e dei loro tour operator uniti all’inerzia del nostro Paese che pensava che il mondo si sarebbe fermato con il lockdown. I Paesi del Nord Europa progettano su come indirizzare i loro flussi verso paesi a basso contagio, per “esportare” e non “importare” il rischio con un occhio anche alla geopolitica. Perché non sfuggirà che queste aree che si vanno a collegare sono in qualche modo aree che ieri ruotavano storicamente attorno alla Germania, lungo la sua direttrice d’espansione Europa Centrale- Europa Sud-Orientale. Diciamo che più che una logica punitiva dell’Italia – che non vedo – possiamo vedere una volontà di aiutare economicamente Paesi politicamente affini e geopoliticamente collegati all’Europa di Berlino. Ricordiamo che con il turismo si può fare anche geopolitica, come abbiamo visto avvenire tra Russia e Turchia qualche tempo fa, subito dopo la crisi per l’abbattimento del SU-24 russo da parte di Ankara.
C’è chi dice che l’Italia stia pensando ad accordi bilaterali con Russia e Cina. Così fosse, che cosa significherebbe? Avrebbe delle implicazioni geopolitiche?
Mi sembrerebbe la classica risposta strampalata, dettata da ripicca e disperazione. Il turismo è una cosa seria, e anche la politica estera. Non possiamo vivere di queste oscillazioni. Dobbiamo farci rispettare di più in Europa, ma dobbiamo essere in grado di offrire agli europei un Paese relativamente sicuro e aperto. E questo è compito del governo. Noi invece ci siamo blindati senza pensare ad altro, abbandonando ogni progetto strategico e ora ci troviamo isolati.
Insomma, anche nella vicenda dei corridoi turistici l’Italia ha dimostrato di non avere una politica estera forte, una capacità di interlocuzione con le istituzioni europee?
Vediamo come finisce, ma l’estate è alle porte e la sensazione è che ce la siamo giocata male in Europa questa partita turistica, un po’ per egoismo dei paesi nordeuropei, un po’ per la loro decisione di favore l’Europa sud-orientale cara all’asse centro-europeo, un po’ per inerzia nostra. Se quest’estate dovessimo rimanere isolati dall’Europa, dopo aver applicato il lockdown più duro e nonostante un governo filo-europeista, sarebbe il segno che qualcosa è andato storto.
(Marco Biscella)