Secondo Daan Struyven, senior economist di Goldman Sachs, la parte facile è finita, adesso arriva il tempo dell’incertezza. Si riferisce all’economia, la quale, sia pure in modo squilibrato, nel 2021 si è ripresa un po’ in tutto il mondo, spiega il Financial Times che ha raccolto il suo parere insieme a quello di altri osservatori e attori nel grande gioco del mercato. Chiara, che gestisce una bottiglieria in una zona centrale di Roma, non ha letto il quotidiano della City, ma la pensa allo stesso modo: “Finora siamo stati aiutati dal Governo e dall’Europa; adesso tocca a noi, in questo anno appena cominciato dovremo rimboccarci le maniche”. Il suo negozio è rimasto chiuso per buona parte del 2020, ha riaperto a singhiozzo nella primavera scorsa e ha lavorato discretamente in estate quando sono tornati i turisti (anche se a rango ridotto), ora Chiara ha dovuto cancellare cene ed eventi per capodanno. È una donna energica e piena di iniziative, ma si rende ben conto che le incertezze sono davvero tante, persino troppe per orientarsi e programmare in modo attendibile la propria attività.
La prima incertezza, per molti versi decisiva, riguarda proprio gli aiuti. Ed è esattamente quello che intendeva dire anche Daan Struyven. Anche se la pandemia si trascinerà ancora a lungo com’è prevedibile, le due ciambelle salvagente che hanno tenuto a galla la maggior parte dei Paesi sono destinate a sgonfiarsi. Fuor di metafora si tratta della moneta facile, persino troppo, e dei debiti pubblici che, buoni o cattivi, sono esplosi. Il cambiamento coinvolge tutti i Paesi, per l’Italia rischia di aggiungere emergenza a emergenza.
Non si può parlare di ritorno alla normalità in senso stretto, almeno finché il Covid-19 non regredirà a semplice influenza, tuttavia è chiaro che la cornucopia è destinata a finire. È pericoloso stampare moneta senza limiti, tanto più quando l’inflazione rialza la testa. È vero che la spinta dei prezzi deriva dall’economia reale, dall’aumento della domanda che non ha trovato un’offerta adeguata o perché si è spezzata la catena produttiva globale o per la scarsità oggettiva di materie prime fondamentali (si pensi alla crisi di semiconduttori) o per strozzature geopolitiche (il gas russo), tuttavia una politica monetaria accomodante non fa che gettare benzina sul fuoco. L’inflazione è un modo per ridurre i debiti in termini nominali, purché sia controllata e aumenti in modo progressivo senza impennate eccessive e improvvise. La storia, però, ha dimostrato quanto sia difficile tenere la tigre in gabbia. L’impatto sui risparmi della gente può diventare letale e il mutamento delle aspettative crea effetti perversi anche sulla produzione. Lo spettro della stagflazione non è ancora uscito dalla bottiglia, ma basta poco.
Il girotondo di pareri sul Financial Times arriva a una conclusione comune. Il 2022 sarà segnato dalla combinazione di tre forze tra loro collegate: il virus, l’inflazione e una ripresa a macchie di leopardo che vede alcune aree e alcune industrie correre, mentre altre non riescono a tenere il passo per quel fenomeno di scarsità relativa che abbiamo già visto all’opera nell’ultimo trimestre dell’anno appena concluso. Tre forze sulle quali le decisioni politiche possono influire solo dopo che le conseguenze si sono già manifestate. E qui veniamo all’incertezza forse peggiore di tutte, quella che riguarda la politica.
Sul piano internazionale è la Cina a dominare tutte le preoccupazioni. Fino a che punto arriverà lo scontro con gli Stati Uniti? Il giro di vite sempre più soffocante su Hong Kong anticipa il balzo del dragone verso Taiwan? E cosa potrebbe fare Joe Biden? Si diffonde tra gli osservatori più attenti la sensazione che gli Usa non saranno in grado di impedirlo e la loro reazione, allo stato attuale dei rapporti di forza anche militari, sarebbe solo tardiva e limitata. Ma a quel punto la nuova guerra fredda diventerebbe una guerra calda, anzi rovente. La Cina resta la fabbrica mondiale, un contenimento a tutto campo come quello contro l’Unione Sovietica avrebbe conseguenze gravissime ovunque, catastrofiche in Europa, vero e proprio terminale della Via della seta.
Sul piano domestico, il 2022 si apre con una guerriglia confusa tra i partiti per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, mentre rischia di spegnersi la forza propulsiva del Governo Draghi. La Legge di bilancio è stata approvata dall’ampia maggioranza che sostiene l’esecutivo, perché è stata se non stravolta certo strapazzata dalla sarabanda di emendamenti, correzioni, ripensamenti, rinvii. Si pensi al superbonus sul quale Draghi ha dovuto piegarsi alla pressione dei partiti. O alle polemiche sul fisco, anche se si tratta di interventi ancora parziali e la riforma è di là da venire.
La forza della ripresa ha aperto spazi nella politica di bilancio e consente di ridurre il debito pubblico rispetto al Pil. Ma se la congiuntura rallenta sono guai, ancor più se il 2022, proprio quando dovrà prendere corpo il Pnrr, verrà consumato pensando solo alle elezioni. Nel suo discorso di commiato il presidente Mattarella ha auspicato che lo spirito di unità nazionale non sia uno stato d’eccezione, e Draghi lo ha ringraziato. Tra un paio di settimane sapremo se quell’invito è stato accolto e se cadrà almeno una delle incertezze politiche di questo nuovo anno.
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