Chiunque vinca, chi ci rimette è l’Italia. Parafrasando Indro Montanelli, speriamo di non dovere arrivare a questa conclusione. Oggi 24 gennaio, cominciano le votazioni per l’elezione del presidente della Repubblica in un quadro di forze politiche frammentate, di gruppi parlamentari poco coesi nell’ambito degli stessi partiti e movimenti nelle cui liste sono stati eletti, in un contesto soprattutto di grande incertezza in cui il Paese è alle prese con una pandemia dilagante, stime di crescita economica al ribasso e d’inflazione al rialzo, di un Piano nazionale di ripresa e resilienza che sta faticosamente partendo e che rappresenta una grande scommessa sull’Italia fatta dal resto dell’Unione europea.Ovviamente, l’Ue sta monitorando con attenzione ciò che avviene nel nostro Paese al fine di tirare le somme sul nostro possibile ruolo in Europa,



In termini strettamente economici, l’elezione del presidente della Repubblica, con procedure che prevedono un collegio di “grandi elettori” e regole minute per le votazioni, è un investimento che tutti gli italiani fanno allo scopo di avere come risultato un quadro politico che dopo venti anni di stagnazione (in cui il nostro Pil pro capite è passato da essere superiore alla media di quello dell’Ue a esserne inferiore) prometta la stabilità necessaria alla crescita.



Quest’anno l’investimento viene fatto in condizioni di grande incertezza. Si rilegga Investment under Uncertainity di Avinash Dixit e Robert Pindyck (Princenton University Press, 1994) o Valutare l’incertezza di cui siamo stati co-autori io e Pasquale L Scandizzo (Giappichelli, 2003) oppure ancora La buona spesa di cui siamo stati co-autori io e Stefano Maiolo (Biblioteca del Centro Studi ImpresaLavoro 2016) e la ricca letteratura su investimenti in condizioni di incertezza degli ultimi trent’anni (nonché le numerose applicazioni operative). Ove non si adottino metodi quali le opzioni reali, che mal si adattano alla presidenza delle Repubblica, l’incertezza – che a differenza del rischio non si può stimare con il calcolo delle probabilità – comporta esiti sub-ottimali.



Mario Draghi si è sempre interessato di teoria e politica macro-economica. Mai – credo – di investimenti in condizioni di incertezza. Altrimenti, alla conferenza stampa di fine anno, il 22 dicembre scorso, non avrebbe posto, in modo raffinato ma chiarissimo, la propria candidatura al Quirinale. Da allora, ha perso lustro e peso nell’ambito della coalizione di Governo (facendone aumentare la litigiosità e modificando il proprio ruolo da leader a cui spetta l’ultima parola a mediatore tra visioni politiche divergenti) e a livello internazionale: i nostri partner si chiedono, in caso di sua elezione alla presidenza della Repubblica, come verranno affrontati i gravi problemi sul tappeto e, in caso non venga eletto alla carica a cui si è auto-candidato, come potrà esercitare la leadership necessaria non tanto a tenere in piedi la coalizione (sino alla scadenza della legislatura), ma a farla lavorare proficuamente nell’interesse del Paese. Ha, poi, soprattutto resa più spessa la nube di incertezza, elemento di cui non c’era assolutamente bisogno.

Al momento in cui questa nota viene redatta, il Presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha fatto un passo indietro ma non è ancora chiaro se il centrodestra presenterà un candidato o una rosa di candidati. Sembra che dal centrodestra parta un invito ai propri elettori a non votare Draghi in quanto sarebbe più opportuno che resti a palazzo Chigi sino alla primavera del 2023, termine naturale della legislatura.

Ieri vi sono state riunioni del centrosinistra, ma saranno poco concludenti sino alla riunione notturna del gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle, il più nutrito, anche dopo varie defezioni ed espulsioni, di questa legislatura. È comunque probabile che anche il centrosinistra opti per un candidato al Quirinale differente da Draghi.

L’incertezza pare crescere, non diminuire e, con essa, una scelta sub-ottimale per la presidenza della Repubblica. Al Governo si assicurerebbe un altro anno di vita. Ma con un presidente del Consiglio azzoppato, Se non autoazzoppato. 

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