La Corte dei conti europea smonta la strategia verde dell’Unione europea. Secondo i controllori europei, gli obiettivi di decarbonizzazione fissati per il 2030 sono irrealizzabili. Servirebbero 390 miliardi all’anno in più rispetto a quanto speso nel decennio 2011-2020 per svoltare davvero. La bocciatura arriva da un’indagine i cui risultati sono stati pubblicati ieri. In estrema sintesi, è emerso che gli obiettivi dell’Ue al 2030 saranno difficilmente raggiunti. Nello specifico, si tratta degli obiettivi stabiliti dai programmi Fit for 55 e RePowerEU: riduzione delle emissioni di CO2 (-55% rispetto al 1990), aumento della quota di energia da fonte rinnovabile (42,5%) e risparmio energetico (-42% rispetto al 2007). Al 2020 erano previsti gli stessi traguardi, ma con valori più bassi. Gli obiettivi sono declinati a livello nazionale attraverso i Piani nazionali per l’energia e il clima (Pnec). Entro il 30 giugno, gli Stati membri dovranno consegnare alla Commissione europea i Pnec aggiornati rispetto ai nuovi obiettivi. La stima della Commissione, fatta nel 2021, è che occorrano 390 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi ogni anno, quindi 3.900 miliardi in dieci anni.



Per McKinsey, il fabbisogno totale tra 2020 e 2050 sarebbe di 1.000 miliardi l’anno. Ma il bilancio Ue per il periodo 2021-2027 stanzia solo 87 miliardi l’anno, quindi il 22% di quanto sarebbe necessario all’anno secondo la stessa Ue. Per questo motivo la Corte dei conti europea stabilisce che la grande maggioranza degli investimenti dovrà arrivare da privati e singoli Stati, ma non ci sono comunque impegni chiari di alcun tipo. Secondo la Corte, la sede centrale di Bruxelles ha solo una visione parziale di quali misure di riduzione dei gas serra si sono dimostrate efficaci finora e quanto sono state costose. E per gli obiettivi ambiziosi fino al 2030 e oltre, manca un piano finanziario sufficiente. «Abbiamo trovato poche prove che l’UE raggiungerà i suoi obiettivi», ha dichiarato lunedì Joëlle Elvinger, membro della Corte dei Conti.



CORTE DEI CONTI CHIEDE TRASPARENZA ALL’UE

Riguardo poi gli obiettivi al 2020, dichiarati raggiunti il 18 ottobre di quell’anno, la Corte dei conti europea rileva che le mete sono state raggiunte sostanzialmente grazie al rallentamento dei consumi e alla crisi economica seguita al lockdown. Inoltre, gli Stati membri hanno goduto di varie flessibilità, per cui gli sforzi finora non sono stati intensi. Ma senza ciò e senza la crisi del 2020, i risultati non sarebbero stati raggiunti. Ma la Commissione europea, attacca la Corte, non lo ha esplicitato nelle sue analisi. I revisori europei hanno poi riscontrato che i dati sui costi sono presenti solo in sei casi. In generale, Commissione e Stati non hanno saputo quantificare l’apporto di finanziamenti privati né quanto questi abbiano influito sul raggiungimento dei risultati. I revisori dei conti sono quindi perplessi sulla provenienza dei fondi e sulle modalità di realizzazione degli obiettivi climatici. Pertanto, la Corte chiede alla Commissione di impegnarsi a raccogliere e diffondere dati in modo trasparente in merito alle azioni sviluppate, ai finanziamenti stanziati e agli effetti reali ottenuti.

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