La Corte dei Conti entra in tackle sul governo e mette in guardia su una riforma fiscale da finanziare in deficit. Pur senza che questa venga mai citata, è chiaro che sia la flat tax l’oggetto dell’intervento del Procuratore Generale della Corte dei conti, Alberto Avoli, durante la cerimonia di parificazione del rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2018. “Mettere mano al riassetto delle tasse e dei tributi può considerarsi una priorità. Un’operazione da portare avanti non in un clima emergenziale, ma attraverso ponderate ed equilibrate strategie di lungo respiro”, ha detto Avoli. Come riferito da “La Repubblica, il passaggio politicamente più importante è stato quello sulla tassa piatta da finanziare in deficit:”Alcuni economisti propongono addirittura misure radicali, chiamate a fini mediatici come shock fiscale, in realtà, una massiccia azione di decremento delle aliquote dell’imposizione diretta in favore di imponibili medio-bassi. L’idea non e nuova e certamente e asseverata da molti economisti. Tuttavia, resta il problema delle coperture sul breve termine, in mancanza delle quali il corrispondente aumento del debito potrebbe avere ripercussioni gravi, tali da annullare o ridurre molto i benefici della rimodulazione delle aliquote”. Per la Corte dei Conti, “nella gradualità degli interventi potrebbe forse trovarsi una giusta soluzione di equilibrio”.
CORTE DEI CONTI, “NO FLAT TAX IN DEFICIT”
Proprio la questione del debito pubblico sembra rappresentare la maggiore preoccupazione della Corte dei Conti. Secondo Avoli “l’indebitamento ha un costo finanziario gigantesco, in senso di corresponsione di interessi, di perdita di credibilità del sistema paese, di ostacolo alle politiche di sviluppo. Non può essere incrementato a dismisura. Il debito italiano ha probabilmente raggiunto i limiti massimi di sostenibilità non tanto con riferimento ai parametri europei, di per se´ fin troppo rigidi (salvo pero` il ricorso alla flessibilità negoziata dei singoli Stati), quanto per le ragioni indefettibili proprie dell’economia e della storia”. Da qui il forte richiamo alla politica:”Il debito attuale finirà con il colpire le generazioni future, forse addirittura tre o quattro. E’ evidente che per recuperare il debito occorre produrre la ricchezza necessaria e per produrre la ricchezza necessaria occorre impiegare risorse”.