I divieti di viaggio, gli obblighi di test diagnostici e di quarantena decisi durante la pandemia Covid sono legittimi per la Corte di Giustizia europea (Cgue). Lo stabilisce una sentenza del 5 dicembre 2023, relativa alla causa C-128/22. In una situazione di emergenza sanitaria uno Stato Ue può vietare i viaggi non essenziali verso altri stati ritenuti come zone ad alto rischio (zone rosse). Inoltre, è possibile obbligare le persone che entrano nel territorio a sottoporsi a test diagnostici (come tamponi) e osservare un periodo in quarantena. D’altra parte, la sentenza precisa che le limitazioni, per restare nei confini della legittimità, devono essere chiare e precise, proporzionate, non discriminatorie. Inoltre, devono poter essere impugnate davanti ad un giudice o autorità amministrativa.
Stando a quanto ricostruito da Italia Oggi, il caso al centro della sentenza della Corte di Giustizia Ue è avvenuto in Belgio, tra i paesi che hanno vietato viaggi non essenziali da e verso zone rosse, oltre a imporre test e periodi di quarantena ai viaggiatori in entrata. Un’agenzia di viaggi, costretta ad annullare tutti i viaggi in programma con la Svezia, inserita per un breve periodo in zona rossa, ha contestato la decisione governativa. Pertanto, ha fatto causa allo stato belga, chiedendo il risarcimento del danno per i viaggi annullati.
MALATTIA UNA MINACCIA, MA VA RISPETTATA PROPORZIONALITÀ
La Corte di Giustizia Ue (Cgue) è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità della normativa del Belgio rispetto all’ordinamento europeo, nello specifico riguardo gli articoli 23 e 25 del codice frontiere Schengen. Una malattia contagiosa, in tempo di crisi, può essere assimilata ad una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza pubblica interna tale da giustificare limiti alla circolazione delle persone? Per la Corte di Giustizia Ue uno stato Ue può vietare viaggi non essenziali o da altri stati membri ritenuti in “zona rossa”, così come imporre test diagnostici e la quarantena a chi arriva, per lottare contro una pandemia come il Covid.
Ma i blocchi devono essere introdotti con una disciplina che ha portata generale, motivata in maniera idonea e con norme chiare e precise, al cui applicazione deve essere prevedibile per i cittadini, i quali devono poter promuovere ricorsi anche per contestare la natura discriminatoria delle restrizioni. Infine, come evidenziato da Italia Oggi, la Cgue sottolinea la necessità di rispettare il principio di proporzionalità. Pertanto, le misure devono riguardare lo stretto necessario rispetto all’obiettivo del contenimento della pandemia, con un bilanciamento degli interessi rispetto alla gravità dell’ingerenza nei diritti e libertà delle persone interessate. Di conseguenza, non si possono richiedere risarcimenti danni e i principi formulati sono applicabili in tutti gli stati Ue, rappresentando un precedente per casi analoghi.