Alla Corte CEDU (Corte Europea per i Diritti dell’Uomo) non è bastata la morte di Ebru Timtik – l’avvocatessa morta in carcere in Turchia dopo 238 giorni di sciopero della fame per chiedere un processo equo – per considerare pericolosa la permanenza in galera anche del collega Aytac Unsal, anche lui in sciopero della fame da mesi: come spiega oggi “Il Dubbio” (nel silenzio pressoché totale di quasi tutti gli altri media), i giudici di Strasburgo hanno giustificato così il rigetto della richiesta «non c’è pericolo imminente». La CEDU ha voluto sottolineare che l’Articolo 39 della Convenzione – quello che prevede misure provvisorie, laddove ci si trovi al cospetto di gravi e potenzialmente irreparabili violazioni – viene applicato «solo quando un ricorrente corre un rischio imminente di danni gravi e irreparabili per la propria vita e la propria incolumità fisica»; ebbene, la Corte Europea di fatto si pone a fianco della decisione di Erdogan di tenere in carcere l’attivista condannato a 10 anni di carcere. Le condizioni di detenzione in ospedale di Aytaç Ünsal secondo i giudici – come per il Governo turco – «non rappresentano un rischio reale».



CORTE CEDU E RISCHI PER LA SALUTE DELL’AVVOCATO

Sempre secondo le indagini del Dubbio, la CEDU è vero che ha negato l’uscita del carcere all’attivista avvocato, ma in modo minore invitato il Governo «ad adottare tutte le misure necessarie per garantire che Aytaç Ünsal sia protetto dal Covid- 19 e che i suoi diritti ai sensi degli articoli 2 e 3 della Convenzione siano rispettati». Con la morte pochi giorni fa dell’avvocatessa Ebru Timtik, la Corte CEDU ha invitato però lo stesso avvocato Ünsal ad interrompere lo sciopero della fame: non è rimasta però in secondo piano la parallela accettazione dello stesso presidente della Corte – Robert Ragnar Spanò – di conseguire il dottorato honoris causa che gli verrà conferito dall’Università statale di Istanbul. Di per sé una scelta che ovviamente non c’entra nulla con il caso degli avvocati in carcere nello Stato di Erdogan, ma non pochi attivisti si sono spesi in questi giorni nel chiedere al Presidente CEDU di rifiutare quel premio nel Paese secondo al mondo per ricorsi su violazione dei diritti umani (circa 8mila all’anno). «Sebbene la Cedu sia a conoscenza del fatto che Ebru è morta di recente a seguito del digiuno, e sebbene il tribunale abbia ricevuto segnalazioni dall’ospedale e dall’associazione medica che indicano rischi aggiuntivi da pandemia e le condizioni negative del centro di detenzione dell’ospedale, la richiesta di Aytaç è stata rifiutata. In caso di eventi tristi in relazione alla sua vita, la responsabilità ricadrà su tutte le autorità giudiziarie che non adempiono alle loro responsabilità», è la nota partorita dall’associazione di avvocati Çhd, sigla della sinistra riformista di cui Ünsal fa parte. Le condizioni sono gravissime, la madre dell’attivista denuncia come non riesca a dormire per il dolore, ha bocca e mani ferite «Siccome stiamo andando verso la morte in fretta, è necessario compiere un passo concreto se vogliamo mantenerla in vita. Chiedo alle autorità di impedire questa morte». La Corte per ora decide di seguire la linea Erdogan, lo stesso che pochi giorni fa ad Ankara replicava così alle domande sulla sorte di Erbu e Aytaç «Un avvocato che difende i terroristi non dovrebbe essere un terrorista. È molto doloroso che gli ordini, che dovrebbero essere istituzioni di giustizia, si siano trasformati nel cortile di organizzazioni terroristiche».



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