CONCLUSA INDAGINI SUL “LEAK” ALLA CORTE SUPREMA USA: IL COLPEVOLE NON SI TROVA
Era il 2 maggio 2022 quando il quotidiano “Politico” in Usa pubblicava la bozza di sentenza della Corte Suprema Usa che avrebbe poi nel giugno successivo ribaltato completamente la precedente Rue vs Wade sull’aborto: in quel “leak” segreto emergeva come i giudici della Corte avessero trovato in maggioranza l’accordo per affossare la legge che garantiva il “diritto all’aborto” per Costituzione, aprendo invece alle singole decisioni degli Stati federali (e scatenando la furia del Partito Democratico di Joe Biden e Nancy Pelosi). Venne aperta una lunga indagine per capire chi possa aver “venduto” quei documenti segreti in anticipo rispetto alla sentenza giunta poi in estate: ebbene, ora la Corte Suprema Usa fa sapere di non essere riuscita a trovare dopo 8 mesi di inchiesta chi possa aver fatto trapelare la bozza della sentenza contro la Roe vs Wade del 1973.
«Non è possibile determinare l’identità di alcun individuo che possa aver divulgato il documento o come la bozza di parere sia finita con Politico», si legge nel rapporto finale. La fuga di notizie, come prevedibile, ha scatenato polemiche a non finire nello storico tribunale americano anche perché in quei mesi che hanno separato il “leak” dalla sentenza vera e propria alcuni dei 9 giudici firmatari di quel parere vennero minacciati sotto le proprie case, con famiglie annesse. Manifestazioni pro-aborto anche violente vennero organizzate in un putiferio di gestione pubblica generale che non contribuì affatto a rendere il dibattito, già piuttosto delicato, più “sereno” tra le parti.
CAOS SENTENZA ABORTO ANTI ROE VS WADE: COSA SUCCEDE
L’indagine della Corte Suprema Usa è dettagliata in un rapporto di 20 pagine: si è scoperto solamente che 82 tra dipendenti e giudici del tribunale avevano accesso a copie elettroniche o cartacee della bozza scritta dal giudice conservatore Samuel Alito, che differiva leggermente dalla decisione finale del 24 giugno. Il capo della sicurezza del tribunale, Gail Curley – diretto dal giudice capo John Roberts – non sono riusciti a identificare prove della fuga di notizie: non solo, nessuno dei 97 intervistati interni alla Corte Suprema ha ammesso la divulgazione (anche se il rapporto non ha chiarito se anche i giudici supremi sono stati interrogati o meno).
«Nel maggio 2022, questa Corte ha subito una delle peggiori violazioni della fiducia della sua storia: la fuga di una bozza di parere», si legge nel parere finale della Corte, «La fuga di notizie non è stata un mero tentativo di protesta fuorviante. È stato un grave assalto al processo giudiziario». Indagini, interrogatori, analisi delle apparecchiature informatiche del tribunale, le reti, le stampanti e i registri delle chiamate e dei messaggi di testo disponibili: niente è stato trovato sul presunto leaker della sentenza sull’aborto “anti Roe vs Wade” lasciando un vuoto di sicurezza all’interno del massimo organo politico e giudiziario degli Stati Uniti. «La pandemia e la conseguente espansione della capacità di lavorare da casa, nonché le lacune nelle politiche di sicurezza del tribunale, hanno creato un ambiente che ha reso molto facile la rimozione di informazioni sensibili dall’edificio e dalle reti informatiche del tribunale. Il rischio di divulgazione intenzionale e accidentale di informazioni sensibili del tribunale», si legge ancora nel rapporto che invita il tribunale in ultima analisi «a sviluppare e attuare politiche migliori per la gestione delle informazioni sensibili del tribunale e determinare sistemi IT migliori per la sicurezza e la cooperazione».