L’ultima sentenza della Corte di Giustizia Europea (CGUE) rischia di creare un “precedente” in materia di diritti civil e temi etici: che infatti la legge nazionale lo preveda o meno, ogni Stato membro dell’Unione Europea dovrà accettare e riconoscere i figli con genitori dello stesso sesso.

La sentenza, storica per l’Europa, riconosce per la prima volta i documenti dei figli di coppie gay come validi in tutti gli altri Paesi membri: il principio sancito dai giudici di Lussemburgo prevede da oggi che «uno Stato è del pari obbligato a riconoscere il documento emesso dallo Stato membro ospitante che consente al minore di esercitare, con ciascuna dei due persone genitori, il suo diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio dell’Unione». La sentenza stabilisce non solo che il minorenne può spostarsi liberamente con chi ha l’autorità genitoriale, ma può anche ottenere una carta d’identità/passaporto dallo Stato di cui è cittadino. Da ultimo, rileva l’ANSA, la Corte di Giustizia Ue stabilisce che «i Paesi membri dell’Ue sono obbligati a rilasciare una carta di identità o un passaporto a un minore figlio di genitori dello stesso sesso, anche quando la legge nazionale obbliga all’emissione di un atto di nascita che indichi un solo padre e una sola madre».



LA SENTENZA UE SUPERA LE LEGGI NAZIONALI

La sentenza dà così ragione al ricorso di due donne sposate in Spagna nel 2018 (una britannica, l’altra bulgara) residenti da tre anni a Madrid: hanno una bambina nata nel 2019 e il documento spagnolo riconosce entrambi come madri. La decisione della Corte di Giustizia Ue di fatto rende esteso a tutta Europa tale riconoscimento: la Bulgaria infatti non riconosce il matrimonio di persone dello stesso sesso, e l’atto di nascita locale prevede come genitori solo «padre» e «madre». A quel punto, dopo diversi ricorsi, la vicenda è giunta sul tavolo della Corte Ue la quale ha dato di recente piena ragione alle due donne lesbiche:  trattandosi di un minore cittadino Ue, «lo Stato membro di cui è cittadino è tenuto a riconoscere, come ogni altro Stato membro, il documento promanante dallo Stato membro ospitante che consente a detto minore di esercitare, con ciascuna di tali due persone, il proprio diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri». In questo modo la legge nazionale esistente viene di fatto superata da una sentenza europea, a sua volta legata ad un trattato dell’Ue: se è vero che i giudici ribadiscono come «lo status delle persone rientra nella competenza degli Stati membri, che sono liberi di prevedere o no, nel loro diritto nazionale, il matrimonio tra persone dello stesso sesso e la genitorialità di queste ultime», è altrettanto vero che tale prerogativa da oggi cessa davanti ad un certificato emesso da un altro Paese membro.



Leggi anche

Allarme migranti Tunisia, storie di stupri e torture/ Inchiesta Guardian: carnefici sono forze pagate da UE