Cosa nostra, cos’è: le origini e come agisce

Per Cosa nostra si intende l’organizzazione mafiosa diffusa in Italia e nel mondo ma con una particolare concentrazione, almeno nell’immaginario collettivo, in Sicilia. Negli Anni Ottanta ebbe ufficialmente inizio la lotta a Cosa nostra da parte dello Stato, con l’istituzione del pool antimafia. Le sue origini sono difficili da definire, molto probabilmente nelle realtà agricole siciliane dell”800. Nel periodo precedente al fascismo il fenomeno è già ampiamente conosciuto ma lo stato italiano fa ancora fatica a contrastarlo. Fu Mussolini nel 1924 ad inviare in Sicilia il prefetto Mori con il compito di sradicare Cosa nostra, ma ben presto le attività di contrasto iniziarono ad indebolirsi e lo stesso regime fu vittima di infiltrazioni mafiose.



Con il crollo del fascismo, Cosa nostra riuscì a sfruttare il caos per riconquistare potere. Il boom economico portò anche a spostare gli interessi della mafia verso i grandi appalti pubblici che portarono anche sui nuovi rapporti con la politica nazionale e locale. Non è un caso se proprio Palermo diventerà il simbolo della speculazione edilizia condotta dalla mafia. Cosa nostra è riuscita a dimostrare nei decenni di sapersi adeguare ai tempi che cambiano, di riuscire a mutare pelle, interessi ed affari ma non il metodo, che resta sempre il medesimo, spietato e sanguinario.



I principali boss mafiosi

Dalla fine degli Anni Sessanta, presero ufficialmente il via alcuni importanti processi che videro alla sbarra alcuni dei capi di Cosa nostra (ma che si conclusero con lievi condanne o assoluzioni). A proposito dei principali boss mafiosi, erroneamente Matteo Messina Denaro fu considerato l’uomo a capo di Cosa nostra, ma in realtà, come rammenta Repubblica, la sua storia criminale è stata sempre limitata al Trapanese dove insieme al padre ha arbitrato le dinamiche mafiose dagli anni Ottanta. I Messina Denaro fecero parte della Cupola, il consiglio supremo con a capo Totò Riina, denominato il Capo dei capi. Dopo la sua cattura i Messina Denaro portarono avanti la linea della guerra totale, interrotta solo con l’insediamento al vertice di Bernardo Provenzano.



Con l’arresto di Totò Riina è finito anche il suo comando di Cosa Nostra, durato circa dieci anni. Tra gli altri nomi celebri di boss mafiosi, alcuni dei quali poi pentiti, ricordiamo Tommaso Buscetta, il cosiddetto “boss dei due mondi”, Giovanni Brusca, tornato in libertà dopo 25 anni di carcere ed il padre Bernardo, capo mandamento di San Giuseppe Jato.

L’affermazione del clan dei corleonesi

La seconda guerra di mafia rappresentò uno dei più drammatici conflitti interni a Cosa nostra, svoltosi in Sicilia nei primi anni Ottanta, durante il quale vide l’affermazione del clan dei corleonesi che riuscirono ad ottenere una egemonia sempre maggiore. A provocare tale guerra interna fu la forte instabilità nell’organizzazione mafiosa dovuta ai nuovi interessi legati al traffico di droga e alle nuove ambizioni del clan di Corleone che vedeva a capo Totò Riina, Bernardo Provenzano e Leoluca Bagarella.

Quelli furono anche gli anni dell’ascesa del clan dei Corleonesi che al termine di una sanguinosa guerra che si lasciò alle spalle una lunga scia di sangue, riuscì ad ottenere il controllo dell’organizzazione criminale. La strategia del clan mirava all’eliminazione fisica dei nemici e proprio nei primi anni Ottanta furono commessi i maggiori omicidi tra cui quello del deputato Pio La Torre, del presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella e del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Di fronte a tali delitti eclatanti, lo stato reagì con l’introduzione nel codice penale dell’articolo 416 bis, relativo al riconoscimento del reato di associazione mafiosa e consente la confisca dei patrimoni mafiosi e con la nascita del pool antimafia.