Cos’è la Ginga? Il termine compare nel film Pelé: Birth of a Legendmigliore ogni epoca a Diego Armando Maradona. Cosa fosse la Ginga lo aveva spiegato lo stesso Pelé, in un’intervista che aveva rilasciato all’epoca della promozione della sua pellicola a Milano: “E’ il fattore decisivo per giocare a calcio, un atteggiamento in cui il valore prevale sulla tecnica, il piacere del gesto è dominante”. Per dirla con un altro termine caro ai brasiliani, il Futebol Bailado: ovvero, quel calcio che si gioca quasi sulle punte dei piedi, parafrasando potremmo parlare del piacere per gli occhi al di sopra del risultato.

COS’E’ LA GINGA?

Non è un caso che la Ginga sia associata prevalentemente, come ha fatto lo stesso Pelé, al Mondiale del 1970: in Messico la nazionale brasiliana si presentò con cinque giocatori che, nelle rispettive squadre, indossavano il numero 10 che all’epoca contrassegnava in maniera netta e senza discussioni il fantasista, l’uomo più tecnico, quello capace di accendere la luce. Oltre a O Rei c’erano Jairzinho, Gerson, Tostao e Rivelino: la Seleçao ci era andata vicina con il famosissimo quadrilatero del 2006 (Kakà-Ronaldinho-Ronaldo-Adriano) ma, primo, il Fenomeno e l’Imperatore erano già calciatori con caratteristiche diverse e, secondo, quella squadra fu eliminata ai quarti di finale dalla Francia, punita dal gol di Thierry Henry. Il Brasile 1970, come purtroppo l’Italia ricorda, diede spettacolo: in semifinale battè l’Uruguay in una partita diventata famosa per un gol… sbagliato da Pelé che fu autore di un movimento pazzesco ancora oggi, poi gli azzurri furono travolti per 4-1.

La Ginga, per arrivare al famoso termine, è il passo base della capoeira: quella che può essere scambiata per una danza ma che, invece, è un’arte marziale che viene caratterizzata dalla musica e l’armonia dei movimenti. Con la Ginga attacco, schivate difensive ed elementi meramente acrobatici vengono unificati; si esegue formando un triangolo con le gambe, che si allargano, e le braccia che si alzano a protezione costante del volto. La sua velocità viene determinata dal ritmo del berimbao, ovvero lo strumento musicale (a corda) che si usa appunto nella capoeira; la potremmo sostanzialmente definire la posizione “base” dell’intera arte marziale, nel senso che al termine di qualunque colpo spesso e volentieri si torna in posizione di ginga, avendo così un atteggiamento difensivo ma già con la mente e il corpo protesi all’attacco. Effettivamente, la metafora e la trasposizione nel mondo del calcio – soprattutto pensando al Brasile e in particolare a quella nazionale – ha assolutamente il suo perché…