Rispondendo agli studenti della Sorbona, in un colloquio del 1991 a Parigi, l’avvocato Gianni Agnelli disse dell’ingegner Carlo De Benedetti: “So che adesso gli piace affermare di essere stanco di questa vita avventurosa e di volersi limitare alla direzione di tre o quattro aziende come Valeo, Olivetti e Mondadori. Vuol finirla con la vita di prima. Io personalmente non ci credo molto. È un uomo che si lascerà sempre tentare dall’avventura. Perché è fatto così. È nel suo carattere. E a me del resto deluderebbe di non assister più ai suoi colpi di scena”.



Agnelli aveva grandi virtù e anche grandi difetti, ma in questo incrocio di personalità, non possedeva il dono della profezia. Eppure, in parole povere avrebbe potuto dire: “Conosco i miei polli”. Anche perché, qualche anno prima, l’ingegnere, all’interno della Fiat, stava sfilando di mano la grande azienda proprio all’erede del fondatore. Nulla di strano quindi che, proprio in quel 1991, Carlo De Benedetti chiese sorridente al ministro del Bilancio, Paolo Cirino Pomicino: “Vuoi essere il mio ministro?”.



Pomicino, in “Strettamente riservato”, commenta così quella domanda: “È la proposta più strana che mi sia stata fatta”. Ma l’aggettivo strano va usato diversamente, se si tiene conto del contesto. In piena tangentopoli, il governo di Carlo Azeglio Ciampi resta in carica dal 28 aprile 1993 al 10 maggio 1994. Se si tiene conto degli ultimi quaranta giorni di “ordinaria amministrazione” si arriva a fine marzo e si vede che l’ingegnere De Benedetti è uscito dal suo “spleen” e dalla sua “auto- quarantena”. Il governo in carica, senza più Cirino Pomicino al suo interno, prende una delle ultime decisioni: decreta il vincitore della gara d’appalto per il secondo gestore dei telefonini in Italia.



È Carlo De Benedetti. Nasce così Omnitel, la salvezza per una Olivetti in crisi drammatica. Stiamo solo sfiorando la lunga vicenda della privatizzazione della telefonia, a cui occorrerà dedicare ampio spazio più avanti. Stiamo solo aprendo un capitolo importante nella ristrutturazione delle Ferrovie dello Stato, di cui il “caso Infostrada” e la nascita di Omnitel sono un passaggio importante. Andiamo per gradi e cerchiamo di comprendere.

Le Ferrovie dello Stato non hanno solo bisogno, a cavallo tra anni Ottanta e Novanta, di una trasformazione societaria (diventeranno una Spa controllata dallo Stato), ma anche di quello che veniva chiamato un forte “dimagramento” per i bilanci disastrosi e il rosso profondo dei conti. Lorenzo Necci, che è l’amministratore delegato delle Ferrovie segue una logica: a) riduzione dei costi; b) vendita di tutto ciò che non era core business; c) alleanza con i privati in tutti i settori che richiedevano disponibilità finanziaria, conoscenze di mercato e potenzialità da sviluppare.

Il tutto si traduce in centomila ferrovieri in meno, con un buon accordo sindacale, la vendita della Banca delle Comunicazioni, della Cit (Consorzio intercomunale trasporti), del patrimonio immobiliare (grandi stazioni, ma anche appartamenti dei ferrovieri). Poi la nascita della Tav (l’alta velocità) con il 60% ai privati. Ancora, l’alleanza con le Ferrovie svizzere, con i trasportatori su gomma, con spedizionieri, con i porti. C’è un punto che sembra un dettaglio, ma non lo è affatto: la gara per la vendita della rete telematica e telefonica. Apparentemente per le Ferrovie, almeno al loro interno, non pare che questo sia un grosso problema. Il personale delle Ferrovie era il meno interessato: sono alcune centinaia di persone, bravi e qualificati, che non hanno nulla da temere per il posto di lavoro. Il problema che si rivela è esterno alle Ferrovie.

 

In effetti, ancora nel 1993, pochi si erano accorti che le FS avevano una rete telefonica di quattordicimila chilometri che entrava in tutte le città e anche nei paesi. In quel 1993 la liberalizzazione della rete fissa non era ancora stata attuata. L’operatore telefonico era uno solo, la Stet. La concorrenza si era appena lanciata nella telefonia mobile, il telefonino che prometteva meraviglie. Le FS, a questo punto, fanno fare una valutazione a A.T. Kearney e negoziano un buon contratto con la Stet di Ernesto Pascale, che aveva compreso benissimo il gioco che poteva fare con la rete delle FS. Il contratto viene presentato a Romano Prodi, presidente dell’Iri, e al presidente del Consiglio, Carlo Azeglio Ciampi. Era la fine del 1993. Alle FS sarebbero venuti molti soldi, oltre mille miliardi di lire. In più le FS risparmiavano l’enorme costo di ammodernamento della rete con le fibre ottiche e si liberavano di un peso gestionale.

 

La Stet ha bisogno del parere dell’Antitrust e il presidente dell’Antitrust di allora, Francesco Saja, è contrario a un acquisto da parte della Stet. Spiega l’Antitrust che non si doveva rafforzare la posizione dominante di Stet. Risposta quanto meno strana, perché nel 1993 la Stet è la sola a operare nella telefonia ed è ancora pubblica. A questo punto salta fuori l’unica alternativa nazionale: l’ingegner De Benedetti. La suggerisce al capo delle Ferrovie, Lorenzo Necci, Giuliano Amato. Necci ribatte che, con i guai di Olivetti, difficilmente De Benedetti può pagare quello che avrebbe pagato Stet. Amato ribatte che comunque erano tanti miliardi e la situazione della Ferrovie lo richiedeva.

 

A sua volta De Benedetti fa una prima offerta moto vaga, che alle Ferrovie non prendono neppure in considerazione. Anche alcune banche non sono d’accordo: Mediobanca (consulente di FS), Lazard, Paribas. La situazione si trascina, comunque nel tempo, con De Benedetti che continua a fare proposte vaghe. Intanto nella gara di aggiudicazione si ritirano tutti, uno dopo l’altro, anche l’americana AT&T e Japan Telecom. Necci ricordava di aver avuto uno scambio di opinioni anche con l’ambasciatore americano, Reggie Bartholomew, che non nascose le sue simpatie per De Benedetti. Guarda caso, proprio in quel periodo, su “la Repubblica”, giornale di De Benedetti, cominciano ad affiorare critiche sul capo delle Ferrovie Lorenzo Necci, attraverso la “penna acuminata” di Giuseppe D’Avanzo.

La sequenza delle date e degli avvenimenti a questo punto diventa veramente interessante. Allora, proviamo a mettere in fila un po’ tutto, anche se per sommi capi e senza retropensieri. Il 28 marzo 1994, come abbiamo visto, il governo Ciampi decide il vincitore della gara d’appalto per il secondo gestore di telefonini e nasce Omnitel. È già aperta una grande questione sulla rete Infostrada delle FS, che si trascina a lungo e che molti “suggeritori” vorrebbero che l’acquistasse De Benedetti. L’opposizione di Lorenzo Necci, repubblicano ma che alle Ferrovie fu inviato su suggerimento di Bettino Craxi, non piace in molti ambienti, soprattutto giornalistici, proprio mentre in tutta Italia impazza “tangentopoli”.

 

Mentre si apre il 1996, Necci è comunque diventato “Lorenzo il Magnifico”, per la capacità dei suoi progetti, per le sue relazioni internazionali, tanto che si pensa, in uno dei tanti empasse politici della cosiddetta “seconda repubblica”, a un “governo Maccanico”, con un ministero importante per Necci. Ma è alla scadenza dell’estate 1996, dopo che il tentativo Maccanico è fallito da diversi mesi, che succede una sorta di “quarantotto”. Il 15 settembre del 1996, nella bella casa romana di Necci, arrivano le forze dell’ordine, persino con l’appoggio degli elicotteri.

 

Il grande manager delle Ferrovie viene tradotto nel carcere di La Spezia. È un nuovo choc italiano, che qualcuno definisce “tangentopoli 2”, ma che alla fine sembra sempre la stessa cosa. Nel giro di poco tempo piove su Necci una moltitudine infinita di accuse, qualcuno ne conta quaranta, altri quarantadue. Dell’operazione Stet non si parla neppure più. Resta il fatto che, nel 1997, la nuova dirigenza delle FS cede al gruppo De Benedetti la rete telefonica, con un contratto di settecentoquaranta miliardi di lire pagabili in quattordici anni.

 

Poco dopo De Benedetti cede ai tedeschi, a Mannesman, la sua Infostrada, per quattordicimila miliardi di lire, senza rateizzazioni di sorta. Nell’ottobre del 2000, Enel acquista di nuovo Infostrada per undici miliardi di euro, circa ventiduemila miliardi di lire, più 1,4 miliardi di euro di debiti di Infostrada. Chi ha guadagnato in tutto questo all’ombra di un lungo processo di privatizzazione?

 

Quanto a Lorenzo Necci, negli anni verrà assolto da tutte le quaranta o quarantadue imputazioni. L’ex manager delle Ferrovie morirà prematuramente, il 28 maggio del 2006, in uno strano incidente stradale in Puglia. Andava in giro in bicicletta e fu investito da una grossa autovettura. Paolo Cirino Pomicino, che l’aveva visto qualche giorno prima, rimase sbalordito e avanzò sospetti su quella morte casuale.

 

(5- continua)