Quindici anni e l’ombra di un tremendo sospetto, quello di tramare per uccidere i propri genitori. Veronica – il nome è di fantasia – è una studentessa perbene di Bassano del Grappa che da mesi in un gruppo su Snapchat racconta ai propri coetanei del terribile disegno omicida che sta orchestrando. I toni sono duri, violenti: c’è poco spazio per sperare che la ragazza stia millantando e, forse, qualcun altro potrebbe essere coinvolto nell’operazione. Per un amico della compagnia tutto questo è troppo: è lui ad andare dalle forze dell’ordine e ad attivare il circuito delle indagini che – almeno al momento – fatica a definire una circoscritta ipotesi di reato, stante l’assenza di un movente e di una data in cui perpetrare il crimine.



I ragazzi noi non li conosciamo, non ne sappiamo niente: cerchiamo di educarli come se fossero “materiale noto” e malleabile, ma restano per gli adulti un mistero insondabile.

Questa generazione non percepisce uno spazio per i propri desideri: vive ricattata dai desideri e dalle aspettative degli altri, in un crescendo di protezione e di custodia da parte dei “grandi” che diventa via via sempre più soffocante, alimentando una rabbia cieca e nichilista, sorda a qualsiasi valore, argine o limite.



La situazione non cambia col passare del tempo, ma peggiora: l’adolescente percepisce su di sé la volontà del mondo intero, del sistema, e comincia a tremare, a dubitare di sé e delle proprie capacità. Anche la ribellione è più naïf rispetto a quella dei propri padri: l’ecologismo, al pari delle piccole passioni civili, è un rito stanco, poco convinto di poter davvero smuovere qualcosa.

Tutto comincia ad essere opinabile: l’ordine delle cose, il proprio corpo, l’oggettività della realtà. Eppure tutto deve essere sopportato, a meno di non poter ricorrere più facilmente alla “pace” che infonde la droga, l’alcool, l’approvazione collettiva di una propria bravura, di un proprio talento, financo del proprio corpo esibito in uno stile di vita che del mondo bohémien è solo una sbiadita parodia. Ma il punto è che nessuno di quei ragazzi si sente legittimato ad avere un proprio desiderio in quanto ognuno avverte di essere parte integrante del desiderio di un altro, dell’inconsistenza capricciosa di un qualche adulto.



È difficile dire che cosa sul serio si nasconda tra le righe delle indagini di Bassano del Grappa, da dove ultimamente possa nascere quell’efferatezza esibita e senza pudore, quel voler dare la morte ad un tempo per gioco e sul serio. Nessuno lo sa o lo saprà davvero mai. A meno di non accettare di essere adulti capaci di fermarsi e di ricominciare a fare semplicemente compagnia – sprecando il proprio tempo sulle rive del fiume – al misterioso desiderio di Veronica e alle sue mille bugie. Segni lontani di una vita che chiede soltanto di essere ascoltata e definitivamente amata.