Il dibattito sterile e di maniera, l’inutile polemica imbastita in Parlamento sulla presunta divulgazione di notizie classificate è lo specchio di una politica inadeguata. Ci sono dei parlamentari importanti dell’opposizione che vanno in processione dal condannato per strage. In processione da un detenuto che minaccia il suicidio tramite digiuno.
Gli stessi parlamentari tornano in Parlamento e vaneggiano di documenti classificati divulgati. Documenti che chiarirebbero i rapporti tra il digiunante e boss mafiosi al carcere duro. Cercano di nascondersi dietro un dito. E mentre sui giornali mainstream infuria questa polemica, il Parlamento si spacca. In un momento in cui la compattezza sarebbe arma potente contro la sovversione delle istituzioni democratiche. Ma intorno a questo dialogo tra sordi accadono fatti che dovrebbero farci drizzare le orecchie. Perché mai come ora potremmo dire che contro la verità è peggio la convinzione che la bugia.
Qualche giorno fa infatti la Procura di Perugia con il Ros Carabinieri e la collaborazione dei Carabinieri di Cagliari, Cosenza, Cremona, Genova, Lecce, Massa, Perugia, Roma, Taranto e Viterbo hanno concluso un’indagine nei confronti di un gruppo insurrezionalista riconducibile alla Fai (Federazione anarchica informale), formazione di appartenenza di Alfredo Cospito.
Le accuse riguarderebbero l’uso di un giornale on line clandestino per istigare all’eversione dell’ordine democratico attraverso la violenza generalizzata. Risultato, sei arresti e due siti internet oscurati. In un paese come il nostro che ancora non ha chiuso i conti con il proprio passato, questo è un importante indicatore.
La fiamma del terrorismo, come quelle rosse nella bandiera della Fai, cova sotto la cenere di istituzioni democratiche instabili. La storia della Fai inizia nel 2003 con una bomba vicino a casa di Romano Prodi e prosegue fino ad oggi con un’attività definita a bassa intensità.
Questo raggruppamento conta una decina di piccoli gruppi in Italia. Non si tratta di strutture organizzate, ma di gruppuscoli o anche di singoli. Sono formazioni che, per ora, non hanno certo la potenza di fuoco delle Brigate rosse, non hanno l’organico, né le risorse, né le competenze. Le condizioni sociali sono molto diverse e lo spirito della rivoluzione tradita che spingeva il terrorismo classico non esistono più. La scarsa organizzazione e gli obiettivi marginali perseguiti nelle azioni ci dicono che si tratta sostanzialmente di singoli che magari fanno rete sul web orizzontalmente, senza un coordinamento. Con la fine dell’Unione Sovietica manca anche tutto l’appoggio economico, organizzativo e di intelligence che veniva da oltre cortina. Ora però si è avvicinata la mafia, che condivide con gli insurrezionalisti la lotta contro il carcere duro e l’ergastolo ostativo.
Ma anche i tempi sono cambiati, sobillare la rabbia sociale in rete, usare i sistemi di convincimento, di condizionamento ideologico e di radicalizzazione sull’esempio del terrorismo islamico potrebbe portare alla formazione di cellule dormienti anche di un solo uomo. Il classico “lupo solitario” , la bomba che pensa.
Gli attentati che falliscono per errori tecnici e per cattiva pianificazione sono un fatto relativo, anche se fanno sembrare il problema meno serio. Senza nulla togliere alle vittime, le bombe sono sempre bombe e conta il caos che creano più dei morti che provocano. La sostanza è che esiste un fenomeno che fa affrontato con compattezza dalle istituzioni. La politica se c’è deve battere un colpo.
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