Il dispositivo con cui la Corte di Cassazione respinge il ricorso di Cospito è una fredda sequenza di frasi che non lasciano traspirare il ragionamento che ha portato la Suprema Corte a rigettare il gravame. Senza leggerne il contenuto, ancora non disponibile, ogni azzardo sul perché si sia giunti a questa decisione sarebbe inaccettabile.



Ma resta il fatto storico che questa sentenza risponde ad un requisito fondamentale che uno Stato di diritto deve porsi: rispondere nel merito delle singole questioni dando risposte che siano formalmente e sostanzialmente aderenti al caso, senza farsi condizionare da ciò che esso comporta.

Nel caso Cospito la spesso invocata “sensibilità” del Giudice alle vicende esterne al processo pare avere preso il posto delle norme e delle regole. La scelta del ricorrente di farne una battaglia esterna al processo è del tutto legittima. Ma resta il fatto che se il tentativo è lecito, la risposta dello Stato deve essere coerente con il diritto positivo e dare risposte tecnicamente adeguate.



Se il dispositivo rigetta il ricorso, appare chiaro che non vi è stata, per la Cassazione, alcuna possibilità di rivedere la decisione, che deve ritenersi allo stato definitiva. Il regime del 41bis in sé, come norma, non è mai stato oggetto di quel ricorso. Quello che i giudici hanno analizzato è la posizione di Cospito e la sua detenzione, e se ricorressero o meno le condizioni per annullare, con rinvio o senza, la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Roma.

Ora che questa partita è chiusa, si tenterà di strumentalizzare la decisione  rivendicando o una conferma della bontà del regime detentivo del 41bis o la sua incompatibilità con il nostro ordinamento. Si deve evitare questo rischio. La legge è tale se dispone su tutti allo stesso modo, la sua applicazione al caso concreto spetta ai giudici che devono tenere conto di ogni eccezione, circostanza e fatto tali da rendere quella legge giustamente applicata secondo la suprema delle leggi, la nostra Costituzione.



Credere nel sistema di diritto positivo, difenderlo, dare ai magistrati la giusta attenzione senza enfatizzarne il ruolo serve a tutti per avere maggiori certezze e diritti. La legge può essere cambiata dal Parlamento, il regime del 41bis applicato dal ministro della Giustizia, il discernimento critico su quella decisione appartiene ai giudici. Ciascuno è tenuto a fare il suo mestiere. La Cassazione non può e non deve entrare nel merito di una legge, a meno che non la ritenga incostituzionale, e non può quindi oggi dare un giudizio sulla sua bontà in senso astratto. Deve invece decidere se nel caso specifico il provvedimento sia legittimo ed assunto seguendo le regole, dando una sua interpretazione del caso in concreto tramite la sentenza. Si discute di quel caso, e solo di quello. Si applica il principio che siamo tutti schiavi della legge per essere liberi. E che se i giudici chiamati ad applicarla ne danno un’interpretazione definitiva su quel caso, la si accetta.

Si può continuare a credere che il processo continui al di fuori delle aule di giustizia, ma così facendo si darebbe ragione a chi ha spesso invocato la “giustizia del popolo” o quella delle urne per sottrarsi alla legge. E questo chiudersi del cerchio, tra chi invoca altri tribunali, diversi da quelli deputati a dare le sentenze, deve far riflettere i magistrati su quanto sia più che mai necessario che essi siano, appaiano e agiscano nella più totale trasparenza per essere, ed apparire, estranei ad ogni pressione. Che essa venga dalle urne che premiano un condannato, o da una massa di persone convinte di aver subito un torto. È il giudice che deve essere ed apparire imparziale, con la sua autorevolezza, con la sua competenza, con la sua estraneità, a garantire a ciascuno dei cittadini che le scelte saranno solo secondo la legge. E che solo la legge vale per decidere il caso.

Per questo basta il dispositivo freddo, di poche righe, a dare un senso a ciò che è accaduto. Lo Stato si esprime così. È per questo che quel dispositivo va rispettato da tutti, dai politici, dalle forze sociali, dai cittadini. Per dare forza allo Stato ed alla sua struttura, alle sue garanzie ed ai cittadini che di esso sono la parte fondante.

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