“Alfredo Cospito deve essere tenuto in vita”. Ad affermarlo, come riportato dal Corriere della Sera, è stata la maggioranza dei membri del Comitato nazionale di bioetica (Cnb), che ha risposto al Ministero della Giustizia a distanza di un mese dalla presentazione del quesito. Esso riguarda il modus operandi da seguire nel caso in cui il detenuto al 41 bis, che chiede di essere lasciato morire, dovesse perdere conoscenza. I pareri dei componenti tuttavia sono stati molto contrastanti, tanto che hanno dato vita a tre documenti che condividono esclusivamente la premessa generale, ovvero “il rifiuto di adottare misure coercitive contro la volontà attuale della persona”.
Il documento più votato da parte dei membri del Comitato nazionale di bioetica ha ricevuto 19 preferenze su 33. Esso evidenzia che le disposizioni anticipate di trattamento sono “incongrue, e dunque inapplicabili ove siano subordinate all’ottenimento di beni o alla realizzazioni di comportamenti altrui, in quanto utilizzate al di fuori della ratio della legge (la 219/2017, ndr)”. Ciò significa che non possono essere prese in considerazione quando non sono determinate da motivi terapeutici, bensì derivano dalla volontà di ottenere qualcosa in cambio (in questo caso la revoca del 41 bis).
“Cospito va tenuto in vita”, il parere del Comitato di bioetica sulle Dat
Il Comitato nazionale di bioetica, tuttavia, ha redatto altri due documenti sul caso di Alfredo Cospito, diversi da quello più votato secondo cui il detenuto al 41 bis va tenuto a tutti i costi in vita, nonostante le sue disposizioni anticipate di trattamento. Il secondo, con 9 preferenze su 33, sostiene che “la nutrizione e l’idratazione artificiali possono essere rifiutate anche mediante le Dat e la pianificazione condivisa delle cure” perché “il diritto inviolabile di vivere tutte le fasi della propria esistenza senza subire trattamenti sanitari contro la propria volontà – derivazione logica del diritto alla intangibilità della sfera corporea di ogni essere umano – costituisce un principio costituzionale fondamentale del nostro ordinamento”.
Infine, nel terzo documento, con sole 2 preferenze su 33, si privilegia la seconda mozione ma si ritiene al contempo che “un diverso bilanciamento dei principi in gioco non sia da escludere, anche guardando all’esperienza di altri Paesi. Considerano tuttavia che un intervento del legislatore sia la via obbligata, comunque stretta per vincoli e giurisprudenza costituzionali. Sottolineano inoltre la necessità di offrire un esplicito e chiaro riferimento normativo a chi si troverà a prendere queste decisioni, a partire dai medici”.