Il petrolio è balzato nella sola giornata di venerdì su del 4%, con il Brent a 80 dollari al barile: sempre più navi container evitano il Mar Rosso per timore di rimanere vittime di un attacco dei miliziani houti, o di finire nel mezzo del contrattacco Usa, e quindi le rotte si allungano, le materie prime scarseggiano e i prezzi volano alle stelle. Come riporta Repubblica questa è la situazione che si sta delineando dopo che gli Stati Uniti e il Regno Unito, con il sostegno di Australia, Bahrein, Canada e Paesi Bassi, hanno lanciato attacchi aerei e via mare, colpendo più di 60 obiettivi militari Houthi in 16 diverse località nello Yemen in risposta a quelli contro le navi commerciali nel Mar Rosso da parte delle forze ribelli appoggiate dall’Iran. Si sta dunque assistendo a una drastica espansione regionale del conflitto tra Israele e Hamas a Gaza.



La rotta del Mar Rosso, che conduce al Canale di Suez, del resto, è attraversata dalle principali rotte di navigazione tra l’Asia e l’Occidente ed è la principale via di esportazione del petrolio del Golfo. Con uno dei canali di approvvigionamento petrolifero più critici per l’Occidente in pericolo, non sorprende l’aumento dei prezzi del greggio in una dinamica che potrebbe creare un ulteriore rialzo del prezzo del barile se le tensioni in Medio Oriente dovessero continuare ad aumentare.



NON SOLO AUMENTO PREZZI PETROLIO: DIFFICOLTÀ PER LE MATERIE PRIME

Tra gli analisti c’è chi evoca un impatto sui mercati dell’energia peggiore di quello della crisi petrolifera degli anni ‘70 e, più recentemente, della guerra in Ucraina, se si dovessero interrompere i principali flussi di trasporto, in particolare dallo Stretto di Hormuz. Le conseguenze degli attacchi non si limitano però solo al petrolio.

Viene riportato infatti che il numero dei container trasportati in nave sul Mar Rosso è già crollato di quasi il 70%, e quelli che rischiano il passaggio sulle rotta si sono visti più che raddoppiare i costi di trasporto. Dalle rotte del Mar Rosso passa di tutto, dal grano (80 milioni di tonnellate l’anno) alla componentistica per l’industria, che comincia a scarseggiare, con conseguenze dirette sulle fabbriche europee. Alla luce di tutto ciò il colosso Tesla venerdì ha annunciato che avrebbe sospeso la produzione per due settimane nel suo stabilimento tedesco. E anche lo stabilimento Volvo di Gand, in Belgio, resterà chiuso per tre giorni la prossima settimana a causa di una carenza di scatole del cambio. Insomma la continua escalation delle tensioni in Medio Oriente sta mettendo in seria difficoltà gran parte dei settori commerciali, industriali, e delle materie prime in generale, e le problematiche sono destinate a peggiorare se il conflitto continua ad ampliarsi.