Cliccano, e sono abbastanza. I numeri li daranno a breve, ma pare che il quorum per incoronare Conte ci sia. Per cui niente fuga e dimissioni. Tutti i leoni da tastiera che sono online da casa e dicono sì o no alla nuova fase si perdono lo stanzone semivuoto del Palazzo del Congressi di Roma che accoglie varia umanità un po’ smarrita. Tutto azzurro e bianco, stile Forza Italia degli esordi, con un vecchio simbolo piccolissimo che a cercarlo si fa fatica. Un palco tondo con le poltrone stile Porta a Porta ed oratori vari e variegati che spiegano, discettano ed  indicano soluzioni ad ogni problema del mondo. Anzi no, dell’universo.



In pratica un perfetto contesto da partitino fine anni 90, per chi c’era. Con la variante che in quei congressi almeno c’erano i corridoi a divertire, con conciliaboli ed accordi che potevano far ribaltare il risultato in un minuto. Qui no. Tutto plastificato e certo, mestamente definito. I toni da forza progressista, non più rivoluzionaria, sono fintamente entusiasti. Pare quasi una riedizione del famoso testo “un grande futuro alle nostre spalle”, con tutti che pensano di essere stati essenziali e fondamentali in una quasi rivoluzione che mai ci è stata. Ma che almeno scaldava cuori e speranze di nuovi militanti acquisiti come apostoli e mandati in giro a spargere il verbo di Grillo e Casaleggio. Erano centinaia di migliaia in piazza. Ora manco mille tra tutti, giornalisti, eletti e simpatizzanti compresi. Ma lui, Giuseppe Conte, ha chiuso il suo cerchio. Nessun comprimario o competitore politico, nessuna personalità di rispetto al suo fianco, solo adoranti fiancheggiatori che sperano di strusciarsi a lui sperando che faccia un qualche miracolo.



Non è che ci credano. Ma di cose incredibili ne sono capitate parecchie. Un webmaster di Pomigliano pluriministro, un grigio professore di diritto diventato premier durante una pandemia. Cose che a raccontarle dieci anni fa avrebbero chiamato la neuro. Ed invece la follia di Grillo ed il genio malizioso di Casaleggio riuscirono a trovare il glitch nella Matrix e a creare l’impensabile.

Ora che che le cose sono tornate quasi a posto, si fa per dire, il nuovo padrone dei 5 Stelle vuole tenere saldo il comando e spazzare via ogni dubbio. Si mette politicamente a sinistra dell’attuale maggioranza pronto a fare il monello se ne avrà l’occasione. Aspetta anche lui che il fato riapra uno spiraglio e lo riporti tra le calde stanze di Palazzo Chigi con i fedelissimi suoi. È questo, pare, l’unico progetto che viene fuori da questa costituente di ex grillini denominata Nova, come una marca di sapone degli anni 60. Che ci sia di nuovo non ci capisce. Nel corso della giornata il palco che si affolla di oratori su ogni tema, il format è televisivo da talk show, i volti passano veloci, i contenuti si stratificano senza gran senso. Tanti ego di personalità trasbordanti che dicono “io penso”, “io ho fatto”, “lo dicevo”. Nessuno che sia in grado di declinare il “noi” nel senso politico del termine. Nessuno che abbia compreso davvero cosa sia ora e cosa sarà in futuro questa massa di reduci della rivoluzione mancata a cui manca un cuore unico da tirare fuori collettivamente. Manca il catalizzatore, ma anche una visione svolta in modo comprensibile degli obbiettivi politici, manca il pathos che scalda la platea. Che qui sembra più venuta per assistere ad un atto notarile con il passaggio di proprietà delle chiavi dei 5 Stelle che a combattere sulla politica.



E perciò di questa giornata resterà poco o nulla. Se non la data. Il 24 novembre di 165 anni fa  Charles Darwin pubblicava On the origin of species by means of natural selection, or the preservation of favoured races in the struggle for life, un libro che sostiene che gli organismi non sono stati creati da un ente superiore, bensì si sono evoluti gradualmente attraverso la specificazione. È così è oggi per i 5 Stelle. Non furono creati da un uomo geniale e superiore, l’Elevato, ma furono espressione di un moto sociale che oggi si è sciolto in qualcosa di diverso, meno dirompente e meno accattivante. Come accade per i koala, unici sopravvissuti della loro specie di marsupiali arrampicatori, che hanno tra gli antenati degli enormi e solidi predatori, oggi estinti, e sono rimasti loro soli, finiti a masticare foglie sugli eucalipti. L’evoluzione è così, parti rivoluzionario e trovi una convention aziendale, parti predatore e ti ritrovi a mangiare foglie sugli alberi, parti premier in pectore e ti ritrovi a fare la cheerleader progressista.

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