Introdotta da alcune considerazioni di Giorgio Vittadini, la lezione di Augusto Barbera, presidente della Corte Costituzionale, al Meeting di Rimini ha dato modo al pubblico di mettere a fuoco le diverse visioni e accezioni relative all’universo dei concetti e dei valori che caratterizzano l’altrettanto vasto mondo denominato “Costituzione”.
Un primo elemento da sottolineare ha riguardato il titolo stesso della conferenza, Costituzione e bene comune, letto dal presidente Barbera nella declinazione che fa riferimento ai cosiddetti beni comuni, su cui molto si discute oggi negli States. La ricerca di un bene, o meglio di goods, ha finito per approdare all’interno della Costituzione e ha individuato il loro contenuto nell’insieme dei beni (o valori) protetti nella prima parte della nostra Costituzione e considerati alla stregua di quell’“essenziale” di cui al Meeting di Rimini si sta discutendo.
Essi non sono “riformabili” in quanto elementi posti a supporto dell’intero impianto costituzionale nel suo insieme, mentre lo è la seconda parte della Costituzione, dedicata alla forma di governo. Senza prendere posizione riguardo al dibattito in corso, in coerenza col proprio ruolo istituzionale, Barbera si è soffermato sugli svariati tentativi di riforma compiuti in passato, a partire dal 1983, senza che nulla sia accaduto di innovativo. Non è bene – secondo Barbera – che si ritorni sempre al punto di partenza: è compito invece della politica assumersi le sue responsabilità offrendo soluzioni alternative a quelle attualmente in vigore.
Piena convergenza si è poi condensata sull’idea del primato della politica, non solo sugli aspetti della riforma del testo costituzionale, ma anche nell’ampia area della tutela dei diritti. Un fermo no alla giuristocrazia è stato solennemente affermato dal presidente Barbera, cogliendo il plauso degli ascoltatori, mentre più cauta è apparsa la platea mentre venivano via via ricordati casi riguardanti i temi etici: la maternità surrogata, il fine vita letto nell’ottica dell’autodeterminazione e dell’habeas corpus, il doppio cognome in nome dell’eguaglianza, il terzo genere. Con grande cura è stato messo in luce come in tutti questi casi la Corte è intervenuta senza dimenticare gli obblighi di self-restraint che gravano sul giudice in nome della separazione dei poteri e dei doveri del sistema politico, vero interprete della coscienza sociale.
La lezione si è dunque sviluppata lungo un percorso di conoscenza di un tema complesso e di temi ardui su cui la società pluralista si sta esercitando, dando modo agli astanti di entrare nel merito dei problemi con gli strumenti del diritto; strumenti che richiedono acume e capacità tecnica, ma anche prudenza ed equilibrio, per non cadere nella trappola della polarizzazione che rende impossibile la ricerca di soluzioni condivise, pur nella normale dialettica tra maggioranza e opposizione, elemento consustanziale della democrazia.
Vivissimi e sinceri i ringraziamenti conclusivi da parte di entrambi, uniti – in un certo modo – dal comune interesse per la sussidiarietà, i suoi valori e i suoi significati, in un contesto qual è il Meeting del 2024 che, anche questa volta, non sta tradendo la sua anima portata all’incontro e al confronto mentre percorre il suo cammino di ricerca dell’essenziale, a cui tutti desideriamo abbeverarci.
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