Si può fare. Anche se nell’opinione dominante sembra impossibile un’alleanza tra due aspetti (apparentemente) antitetici come lavoro e fragilità, questa alleanza si può fare. Non come espressione di una carità pelosa, non perché bisogna compiere opere buone, ma perché questa alleanza produce dignità, bellezza, nuova socialità. Insomma, perché è qualcosa di umanamente conveniente. E può indicare nuovi paradigmi per un’economia che metta al centro la persona, la sua dignità, il suo valore infinito. 



Di questa alleanza e di come ogni giorno ci sia chi lavora alla sua costruzione, ci parla la mostra “Costruttori di futuro” allestita in questi giorni al Meeting di Rimini (Padiglione C3), che mette sotto i riflettori gente che ha avuto “il coraggio di dire io”, come recita il titolo della manifestazione. Da una parte i cosiddetti “soggetti fragili” – disabili, ex carcerati, migranti, donne vittime di tratta o che hanno subito violenza, giovani Neet, disoccupati da lungo tempo – che non hanno avuto paura di guardare in faccia la loro condizione di fragilità, ma ne hanno fatto un punto di ripartenza; dall’altra imprenditori, esponenti del Terzo Settore e del volontariato, amministratori locali che hanno costruito nuove modalità per favorire l’inclusione lavorativa e sociale di queste persone.



È accaduto un incontro che si è rivelato generativo e sono nate reti di solidarietà che sono diventate contagiose in molti territori del nostro Paese. Una contaminazione di bene, un contagio virtuoso, in un’epoca in cui parole come “contaminazione” e “contagio” evocano quasi sempre scenari negativi.

La fragilità è parte integrante dell’esperienza umana, chi di noi non ne ha fatto esperienza, almeno per un momento nella propria vita? Con l’ausilio di video, fotografie, racconti in prima persona, incontri dal vivo, la mostra racconta di uomini e donne che l’hanno sperimentata sulla loro pelle, ma non si sono rassegnati a subirla come una condanna. Si sono messi in gioco, hanno rimboccato la maniche, hanno incontrato chi tendeva loro una mano proponendo luoghi di amicizia e percorsi di accompagnamento, formazione e inclusione. E sono diventati “costruttori di futuro”: il loro futuro, che è anche quello di un’Italia che cerca faticosamente di ripartire, dove nessuno venga scartato o condannato a restare indietro. Perché, come ricorda Papa Francesco, “la forza di una catena dipende dalla cura che viene data agli anelli più deboli”. 



Il primo dei sei incontri quotidiani di 30 minuti previsti nell’Arena della mostra (Padiglione C3) è in programma venerdì 20 agosto alle 15: “Quale futuro per i giovani NEET? L’esperienza di Ascla”. Partecipano Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà, e Giuseppe Negro, presidente di Ascla. Introduce e modera Paolo Viana, giornalista di Avvenire. Per partecipare è necessario effettuare la prenotazione alla mostra sull’app Meeting Rimini nel turno delle 14.30 o delle 14.45.

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