Per il 15% delle forme gravi di Covid-19 è una questione di genetica. Lo rivela uno studio pubblicato su Science, a cui ha partecipato anche l’Italia tramite l’Istituto San Raffaele di Milano, il Laboratorio di Genetica Medica dell’Università di Roma Tor Vergata, l’Ospedale Bambino Gesù di Roma e Francesca Fusco e Matilde Valeria Ursini dell’Istituto di genetica e biofisica “A. Buzzati-Traverso” del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igb). Dalla ricerca è emerso che ci sono cause genetiche e immunologiche dietro questa percentuale di forme gravi di Covid-19, per questo la risposta individuale all’infezione da coronavirus varia molto da persona a persona. Si tratta di risultati importanti in chiave prevenzione, perché così possono essere identificate le persone a rischio, e in quella terapeutica. La ricerca, condotta dal Consorzio Internazionale di Genetica e coordinata da Jean-Laurent Casanova della Rockefeller University, ha rilevato che più del 10% di pazienti sani che sviluppano una forma grave hanno anticorpi che funzionano male, quindi attaccano il sistema immunitario anziché il virus Sars-CoV-2.
COVID, IL RUOLO DELL’INTERFERONE IN 15% FORME GRAVI
C’è poi un 3,5% che è portatore di una mutazione genetica per la quale si è predisposti a sviluppare una forma grave di Covid-19. In entrambi i casi, quest’ultimo e quello sopraccitato, ha un ruolo la ridotta funzionalità dell’interferone di tipo I, che nel primo gruppo viene neutralizzato dagli auto-anticorpi, nel secondo invece viene prodotto in ridotte quantità a causa della mutazione genetica. “I risultati suggeriscono in modo convincente che disfunzioni dell’interferone di tipo I costituiscano spesso la causa delle forme più critiche di Covid-19”, ha dichiarato Jean-Laurent Casanova, secondo cui “si tratta di disfunzioni che possono essere trattate con farmaci e approcci già esistente”. I risvolti sono evidenti: si possono identificare le persone che rischierebbero di sviluppare una forma grave di Covid-19 in caso di positività e proteggerle, oppure – in quelle già positive – procedere con trattamenti efficaci. “Questo approccio ci permetterà di suggerire terapie mirate per gruppi specifici di pazienti”, ha infatti dichiarato Alessandro Aiuti, vicedirettore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) e professore ordinario di pediatria all’Università Vita-Salute San Raffaele.