Caro direttore,
al 12 maggio avevamo in Italia 30.911 morti ufficiali per Covid-19 e nel mondo 292.622. Secondo i demografi e i matematici sono cifre sicuramente sottostimate, di forse 1/3, perché per una serie di comprensibili  motivi le autorità preposte non riescono a registrare tutti i casi effettivi. Non è ancora il momento di fare un consuntivo, ma solo un punto per orientarci sulle strategie future, perché sebbene ora l’epidemia appaia in ritirata, tutto indica che la nostra guerra col virus è solo agli inizi.



Infatti parliamo a tutti gli effetti delle vittime che può avere una guerra di media portata. Molte di più delle vittime degli tsunami, dei terremoti e delle eruzioni vulcaniche. Gli Stati Uniti hanno già superato il numero di vittime della guerra del Vietnam. Vi furono molti più caduti nelle due guerre mondiali, ma in Italia i morti del coronavirus sono già oggi 5 volte quelli di tutte le guerre d’indipendenza messe insieme.



Il dato positivo è che le vittime di oggi non sono dovute all’odio fratricida degli esseri umani, come negli eventi bellici. Di chi è la colpa allora? La scienza ha recisamente smentito che il Sars-CoV-2 possa esser stato prodotto dall’uomo in laboratorio. Sua autrice è madre natura, che purtroppo a volte diventa matrigna, come ben vide il Leopardi, o piuttosto procede con le sue logiche del tutto autonome, spesso misteriose, a volte tragiche, sempre meravigliose. Nonostante i nostri progressi, la conoscenza che ne abbiamo è incompleta, sempre lo resterà, e sempre dobbiamo cercar di migliorarla. Come aveva capito 400 anni fa Francesco Bacone, la natura non nisi parendo vincitur, non possiamo dominarla se non rispettandola ed obbedendole.



Però già oggi ne sappiamo abbastanza perché fin da gennaio si potesse prevedere quanto stava per succedere e prendere le contromisure. Infatti il primo decreto del Governo italiano che riconosce lo stato d’emergenza è del 31 gennaio. Purtroppo è rimasto lettera morta per più di due mesi. Anche se il comune cittadino non aveva i dati e le conoscenze degli esperti, prima di fine febbraio si sapeva già che il virus era in Italia, che era tremendamente contagioso, e che poteva restar latente fino a 14 giorni: bastava fare 2+2 per rendersi conto che in quel tempo avrebbe potuto essersi diffuso ovunque, e qualunque persona apparentemente sana poteva esser veicolo di contagio. Personalmente trovandomi fuori casa il 24 febbraio feci il lungo viaggio di rientro evitando di fermarmi in autogrill; il 26 mia moglie rinunciò a parlare a un convegno a Napoli, e subito dopo iniziammo in pratica una quarantena autoimposta.

Tuttavia per forza di cose (come insegnano Hume e la psicologia cognitiva) il comportamento umano è basato in gran parte sulle abitudini, e dunque cambiare rapidamente stili di vita è molto difficile anche quando la logica direbbe che si deve fare: la forza dell’abitudine oscura la ragione (per Platone l’opaca materia del corpo acceca la visione dello spirito). Perciò fino all’8 marzo tutti si comportavano allegramente come sempre, si tenevano partite di calcio, le piste da sci complice il bel sole traboccavano di gente. Anche dopo la chiusura delle scuole sembrava che il miglior modo per resistere al virus fosse sfidarlo: studenti in vacanza facevano ressa nei bar, politici prendevano aperitivi, sindaci lanciavano campagne tipo “Milano non chiude”, la biblioteca comunale di Cesena vantava nella prima settimana di marzo un record di accessi, e tutti conosciamo mille episodi simili.

L’intelligenza ha molti aspetti, ma uno è la flessibilità, che consente di vincere la forza dell’abitudine per immaginare e seguire strategie nuove per fronteggiare sfide nuove. In una parola, la capacità di adattamento, che per le specie animali è la chiave del successo evolutivo, e per quella umana è enormemente potenziata dalla ragione. Purtroppo non è una dote così diffusa. Il governo, con la responsabilità politica del Paese e con l’assistenza di scienziati ed esperti, avrebbe dovuto averne a sufficienza, ma non ne ha avuta. Il problema della democrazia, specialmente coi sistemi elettorali proporzionali, è che i politici sono alla quotidiana ricerca del consenso, e guardando solo ai sondaggi si mettono al seguito della massa invece di illuminarla e guidarla.

Già a fine febbraio si sarebbe dovuto introdurre il lockdown completo, perché gran parte delle vittime che piangiamo fin qui si è infettata nel corso di marzo. Anzi la chiusura parziale dell’8 marzo avrebbe potuto esser sufficiente se fosse stata adottata due settimane prima (come sembra mostrare l’esperienza di altri paesi europei). La tempestività è tutto in questi casi. Ma probabilmente il Governo temeva di esser accusato dalle opposizioni di disfattismo, o di limitare le libertà fondamentali, se avesse introdotto subito le misure necessarie. Paura peraltro fondate, come dimostrano oggi le accuse di dittatura rivolte a Conte per i decreti che hanno limitato le nostre libertà di movimento.  D’altra parte le opposizioni si son ben guardate dal reclamare provvedimenti per fermare il contagio, magari temendo di esser colpite a loro volta dalle stesse accuse. Così il Governo non ha governato, e le opposizioni non hanno fatto opposizione. È una magra consolazione che molti governi stranieri, che pure potevano trar profitto dalla nostra esperienza, abbiano compiuto lo stesso errore. Si è dovuto aspettare il crescere dei malati e dei morti per superare  quelle paure e introdurre le misure dell’8 marzo, e ancora due settimane, con gli ospedali esplosi e le bare accatastate, per il lockdown totale. Ma ormai per troppe migliaia di sfortunati era tardi. Abbiamo capito che il tempo medio tra quando si contrae il virus e il decesso è di 20-21 giorni, infatti il picco è stato il 29 marzo.

Però una volta introdotto, il lockdown ha funzionato: da giorni diminuiscono i malati, i ricoverati, i morti. Ma la nostra guerra contro il virus non è finita: abbiamo tragicamente perso la prima grande battaglia, oggi ci siamo riorganizzati e siamo passati alla controffensiva, ma questa non è ancora conclusa, e poi ci aspetterà una guerra di posizione, lunga e snervante. Saranno necessari più che mai intelligenza, senso civico, pazienza, sopportazione, nervi saldi. Tuttora abbiamo circa 2.000 nuovi contagi al giorno (più forse altri non riscontrati). La chiusura totale non può proseguire per evitare il crollo dell’economia e il diffondersi di disoccupazione e miseria, ma riaprire le attività economiche quasi inevitabilmente darà forza al nostro nemico, rialzando il numero dei malati e dei morti. Perciò tutte le attività non essenziali alla sopravvivenza del paese dovranno ancora attendere, e tutte le misure di protezione necessarie, dalle mascherine al distanziamento sociale all’app di tracciamento, dovranno essere adottate con responsabilità. In questo senso disciplina e solidarietà sociale saranno tutt’uno.

Tra parentesi, trovo fuori luogo ogni remora sia ad adottare l’app di tracciamento che ad imporla per obbligo o almeno con forti incentivi. Si tratta semplicemente di un programmino in più da aggiungere ai diecimila altri che abbiamo nel cellulare senza nemmeno rendercene conto. Non comporta alcun problema di privacy né di sfruttamento delle informazioni, perché i dati saranno completamente anonimi e disaggregati. Non limita in alcun modo la nostra libertà, e spia le nostre azioni molto meno delle telecamere nelle strade, dei varchi digitali all’ingesso delle aree a traffico limitato, e del controllo informatico dell’assicurazione auto. Usare l’app è un dovere civico che senza alcun sacrificio personale può consentirci di salvaguardare la vita nostra e altrui, recuperare la libertà di movimento e salvare l’economia dal disastro risparmiando vite umane.

In giro c’è parecchia frustrazione per aver dovuto cambiare le proprie abitudini o (più comprensibilmente) per le difficoltà pratiche che la quarantena ha comportato per le famiglie e per le imprese, e molti la sfogano protestando contro il Governo. Lo si accusa di aver introdotto una dittatura imponendo  per decreto tante ed eccezionali restrizioni. Ma in guerra si deve agire con rapidità e decisione, dunque spesso per decreto. Misure urgentissime non possono venir approvate con l’ordinaria procedura di lettura da parte delle due camere. Gridare alla dittatura è come dire che non importa nulla dei 30mila morti e dei tanti di più che avremmo avuto senza quei decreti. Personalmente non sono elettore di nessuno dei partiti che compongono il Governo, ritengo che il Governo sia inescusabilmente colpevole per il ritardo nell’agire in difesa della gente, e per di più penso che quei decreti siano scritti male dal punto di vista logico e giuridico. Ma bisogna dare atto che per quanto in ritardo sono stati efficaci, fatti rispettare con rigore, e stanno ottenendo lo scopo. Inoltre essi sono stati emanati secondo le procedure di legge, il Parlamento funziona regolarmente ed il governo ha la fiducia delle camere. In sostanza, siamo in democrazia.

Bisogna riconoscere che il Governo sta combattendo una guerra senza essersi fatto assegnare i “pieni poteri” che l’anno scorso il leader della Lega aveva auspicato per sé, e che in Ungheria si è fatto assegnare il Governo di Viktor Orbán, con cui simpatizzano non pochi di coloro che accusano il nostro premier Conte di dittatura. Certo, in guerra a volte è necessario istituire governi di unità nazionale, e forse non sarebbe stato (o non sarebbe) male farlo anche oggi in Italia. Sicuramente si sarebbe molto ridotta l’area della protesta. Tuttavia, dato che i partiti non hanno trovato un accordo in questo senso, non lo si poteva imporre (questo sì sarebbe stato anticostituzionale), e in sostanza si continua con la normale dialettica parlamentare tra maggioranza e opposizione.

Infine, come ogni guerra, anche questa non la si può vincere senza distinguere chiaramente tra nemico e alleati: oggi non combattiamo contro altre nazioni e contro altri uomini, ma contro un nemico comune. O capiamo che tutti i paesi del mondo devono essere alleati nella lotta o siamo destinati a perderla. Ovviamente il Sars-CoV-19 non si cura di frontiere, ed è ormai arrivato ovunque. Inoltre l’interdipendenza dell’economia mondiale è tale che nessun paese potrà risollevarsi da solo dalla dura depressione che ci aspetta, e ogni paese che non fosse aiutato a riprendersi per tornare a produrre e consumare rallenterebbe la ripresa degli altri. Anche da questo punto di vista all’inizio tutti hanno fatto passi incerti e contraddittorii: la Cina prima ha negato e poi informato, l’Italia prima ha regalato mascherine e respiratori alla Cina e poi ne è rimasta priva, e la Cina glie ne ha mandati. I paesi del nord Europa prima hanno resistito e poi hanno accettato il piano straordinario per la ripresa. Prima i Cechi hanno bloccato le mascherine destinate all’Italia e poi l’Italia ha bloccato quelle destinate ad altri paesi. La Russia ha inviato aiuti approfittandone però per farsi propaganda, la povera Albania ci ha inviato medici e infermieri, come Cuba. La Germania ha tenuto stretti cordoni della borsa, ma ha accolto i nostri malati nelle sue terapie intensive. L’Italia nonostante la morsa della pandemia ha mandato la Protezione civile e la Brigata “Pozzuolo” ad aiutare i croati colpiti dal terremoto … eccetera. A questo punto, come si stanno chiarendo le strategie epidemiologiche e le terapie da applicare, dovrebbe esser chiaro che l’unico approccio sensato è la solidarietà e la collaborazione a ogni livello, tra gli individui e tra le nazioni. E magari questa consapevolezza ci rimanesse come eredità anche dopo la fine di questa lunga guerra.

P.S. Si è detto che in Italia muoiono ogni anno 83.000 persone a causa del fumo, 49.000 per tumori, 40.000 per conseguenza dell’alcool, ecc., e quindi il Covid-19 non giustifica misure tanto restrittive. Ma questo significherebbe dunque che 30 o 40mila morti in più non sono un problema? A parte ciò chi fuma, o beve, o ha un tumore non contagia gli altri, mentre il  virus si propaga in modo esponenziale, sicché senza le misure restrittive in breve tutta la popolazione si ammalerebbe. E siccome purtroppo finora in Italia la mortalità è stata del 13% dei malati, senza i tanto criticati decreti  arriveremmo a 7,8 milioni di morti. Semmai, passata l’emergenza virus, bisognerà dedicarsi a ridurre tutte quelle altre terribili cause di morte.