Nella difficoltà e nella sfida che l’emergenza coronavirus pone c’è una parte dell’Italia produttiva che non si ferma e non può fermarsi se si vogliono evitare gravi conseguenze per la popolazione. Number1, azienda leader nella logistica integrata per i beni di largo consumo, come ci spiega il suo Presidente Renzo Sartori, ha fatto e sta facendo sforzi enormi per continuare a fare in modo che i prodotti delle industrie alimentari possano arrivare alla grande distribuzione organizzata (gdo) e quindi garantire che sugli scaffali dei supermercati, fisici e online, ci siano beni di prima necessità. Per esempio, l’azienda che ha sede a Parma non si è mai fermata anche nel magazzino di Casalpusterlengo, comune facente parte della prima zona rossa.



A prima vista potrebbe sembrare che questo sia un momento proficuo per un’azienda come la vostra, cui il lavoro non manca di certo…

È un momento in cui avvertiamo una grande responsabilità, perché sappiamo che il nostro lavoro fa sì che ci siano le merci sugli scaffali dei supermercati in un momento in cui i cittadini devono essere rassicurati sul fatto che i generi di prima necessità siano sempre disponibili. Lo sforzo per garantire continui rifornimenti, il conseguente aumento di lavoro e la complessità stanno mettendo sotto pressione tutte le realtà del settore logistico. Abbiamo riscontrato un grande incremento nei costi, ad oggi significativamente maggiore dell’incremento di fatturato. Noi stiamo facendo un grande sforzo per rispondere con responsabilità a quella che è un’esigenza che oggi ci si presenta.



Cos’è cambiato rispetto alla situazione di “normalità” di qualche mese fa?

Ci siamo messi a disposizione dei nostri clienti e nelle ultime settimane abbiamo dato loro la possibilità di creare dei backup di stoccaggio, aprendo magazzini e trasferendo merce tra vari punti di stoccaggio, per circa 25.000 posti pallet, su tutto il territorio nazionale. In sostanza, le aziende ci hanno chiesto di diversificare lo stock in modo da poter garantire i rifornimenti. Questo è stato uno sforzo enorme, reso possibile dalla nostra altissima capacità di flessibilità. 

Cosa intende per flessibilità?



Basti pensare a cosa vuol dire aprire in brevissimo tempo dei magazzini, allestendoli con i necessari sistemi informativi, trovando e spostando il personale, garantendogli di operare nella massima sicurezza richiesta in questo periodo, con la sanificazione e i dispositivi necessari. Le persone che stanno lavorando vivono le stesse paure di quanti sono in casa e se tanti clienti ci hanno mandato messaggi di ringraziamento per quanto abbiamo fatto, noi non possiamo che girare questi ringraziamenti ai lavoratori che l’hanno reso e lo stanno rendendo possibile ogni giorno stando nei magazzini, sui camion o nelle loro abitazioni in smart working: ci stanno mostrando un grandissimo senso di responsabilità. A livello aziendale però tutto questo ha comportato un aumento dei costi tra il 6% e l’8%.

A cos’è stato dovuto un aumento così repentino?

Credo che sia noto quanto costino e quanto siano difficili da reperire le mascherine e i dispositivi di sicurezza. Nelle ultime quattro settimane abbiamo avuto, rispetto allo stesso periodo del 2019, il 22-23% di aumento dei volumi (circa 300.000 quintali movimentati) e un +40% di trasporti sulla rete primaria, ovvero dalla produzione ai centri distributivi. In particolare come esempio le aziende del baby food hanno fatto registrare punte del +60% di volumi, quelle del tonno in scatola del +90%, la pasta del +50%. Questo fa sì che all’arrivo ai Centri di distribuzione industriale si formino code per scaricare la merce. I centri stessi possono però trovarsi in una situazione di carenza di organico ed è capitato che i camion siano stati mandati indietro con la richiesta di tornare il giorno successivo. Nei magazzini poi si è assistito a un problema di improduttività per l’applicazione delle norme tra cui la necessità di mantenere le distanze oppure il tempo che si è dovuto dedicare per formare i lavoratori all’applicazioni delle nuove normative. Questo esempio, tra i tanti, crea grandi difficoltà e una ricaduta che poi si ripercuote su tutta la filiera.

Questi dati danno perlomeno la sicurezza che non ci saranno problemi di approvvigionamento per i supermercati.

Effettivamente problemi non dovrebbero essercene. La gdo si sta muovendo per cercare di avere livelli di stock adeguati. L’importante è che le aziende produttrici possano continuare a operare senza intoppi.

Questo non è scontato?

No. Penso non ci sia una sufficiente chiarezza su cosa sia essenziale o meno nei provvedimenti – sacrosanti – che si stanno prendendo. Le filiere sono complesse. Pensando solo alla nostra, se si bloccassero le attività di produzione di packaging, la produzione alimentare avrebbe grossi problemi. Se venisse meno il carburante come potremmo far viaggiare i camion? E se si guastasse un mezzo e le officine fossero chiuse? Il nostro non è un sistema chiuso, ci sono attività interconnesse. Se in tempi normali si dice che la logistica è strategica, perché rappresenta l’anello di congiunzione tra la produzione e la vendita, in una situazione di emergenza dovrebbe esserlo ancora di più. Per questa ragione la logistica va sostenuta, altrimenti a rischio finisce la disponibilità di beni di prima necessità per i cittadini. C’è poi da evidenziare una cosa.

Quale?

Se sulla rete primaria si registrano volumi in forte aumento, purtroppo nella parte cosiddetta dell’ultimo miglio, complice il fermo del canale horeca (hotel, ristoranti e bar), si stanno invece azzerando. 

Il Governo ha già annunciato un nuovo decreto, con misure economiche, per il mese di aprile. Visto anche il suo ruolo di vicepresidente di Assologistica, che cosa ritiene importante ci fosse?

Occorre che il Governo prenda coscienza che le attività logistiche non vanno avanti motuproprio. La filiera della logistica sta affrontando dei problemi importanti, perché sono aumentati i costi, che in qualche modo vanno recuperati. Il nostro settore labour intensive è costituito anche da tante aziende di piccole dimensioni che hanno investito in mezzi, magazzini e che in questo momento sono in grossa difficoltà. Basti pensare alla distribuzione nelle nostre città al settore horeca comparto che in questo momento non sta lavorando. Queste imprese vanno sostenute, altrimenti chiuderanno. Non possiamo pensare di ripartire, una volta passata l’emergenza, senza di esse. Il Governo deve prendere consapevolezza della strategicità di questo settore mettendo in campo misure straordinarie.

In sintesi, i costi sono aumentati, molte aziende, per via della soglia di fatturato, non godono della sospensione del pagamento di tasse e contributi, mentre altre più piccole non stanno lavorando…

Sì, magari queste più piccole si vedono sospesi i versamenti dei tributi, ma a giugno potrebbero aver già chiuso per sempre i battenti. Bisognerebbe sostenere queste imprese e fornire anche degli incentivi o delle agevolazioni fiscali a quelle che stanno continuando a operare con costi aumentati, così da evitare che gli stessi ricadano a valle sui cittadini. Cito anche due dati di Fiap Autotrasporti: l’80% delle aziende di trasporti ha problemi di liquidità e il 10-15% è a rischio chiusura. Bisogna agire urgentemente. La ripresa non sarà facile e c’è anche da sperare che, se un Europa c’è, faccia la sua parte, superando gli egoismi nazionali. Se pensiamo a quanto sta avvenendo in altri parti del mondo, direi che finora ha fatto ancora poco. L’Europa nasce su fondamenti ben precisi che se recuperati rappresenteranno un punto di vera rinascita.

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