Il bilancio mondiale della pandemia di coronavirus rende bene l’idea della sua pericolosità, ma ora c’è uno studio che spiega perché e in che modo Sars-CoV-2 è più aggressivo del suo “predecessore”, Sars-CoV. Il virus che provoca l’infezione Covid-19 produce una quantità di agenti patogeni che è tre volte superiore al ceppo che causò l’epidemia di sindrome respiratoria acuta grave (Sars) nel 2003. Inoltre, è emerso che c’è una minore risposta immunitaria nei pazienti. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Clinical Infectious Diseases. Se ci sono voluti sei mesi per contenere la Sars, per il Covid-19 ci vorrà invece più tempo. Non a caso il microbiologo Yuen Kwok-yung ha dichiarato, come riportato dal South China Morning Post, che “non c’è quasi nessuna possibilità di contenere il virus prima di luglio”. I ricercatori hanno esaminato i tessuti polmonari di sei pazienti positivi al nuovo coronavirus, scoprendo che Sars-CoV-2 ha generato una quantità di particelle virali infettive in 48 ore superiore di 3,2 volte alla Sars. “In alcuni casi potrebbe replicarsi anche di circa 100 volte, mentre il virus Sars raggiunse un picco di circa 10-20 repliche”, ha spiegato il professor Chu Hin, che ha lavorato allo studio.
COVID-19 PIÙ PERICOLOSO DELLA SARS: SI REPLICA FINO A 100 VOLTE
Rispetto alla Sars il nuovo coronavirus si differenzia anche per il fatto di indurre una risposta immunitaria più lenta. “Questo virus è come un ninja”, ha commentato il professor Jasper Chan Fok-woo. Riesce infatti a replicarsi tante volte, a infestando l’organismo e aggirando le sue difese. Questi dati spiegano l’alta carica virale del nuovo coronavirus e la sua elevata trasmissibilità. Se i malati di Sars passavano dalla febbre alta alla polmonite, fino all’insufficienza respiratoria, Covid-19 non provoca una risposta immediata. Questo spiega invece la lieve o addirittura mancanza di sintomi in molti pazienti. Sars-CoV-2 è in grado di evitare di far scattare subito una risposta immunitaria per ottenere un più elevato grado di replicazione. Riuscire a intervenire tempestivamente è quindi importantissimo per evitare un decorso più grave dell’infezione. I ricercatori però ammettono che questo studio abbia dei limiti: in primis, i tessuti polmonari ex vivo hanno una durata inferiore, inoltre non permette di indagare sulle caratteristiche dei diversi ceppi di Sars-CoV-2. Servono quindi altri studi per analizzare la patogenesi del virus quando c’è il coinvolgimento polmonare ed extrapolmonare.
Un aspetto ancor più interessante di questo studio riguarda la pericolosità di questo virus. Solo il 16% di chi ha il Covid-19 presenta sintomi importanti, il 5% o meno muore, invece la Sars è più aggressiva e il 10% muore. Questo dovrebbe rassicurarci, vero? Nient’affatto: la Sars era più aggressiva sì, ma infettava meno persone. Sars-CoV-2 infetta più persone e quindi produrrebbe altissimi numeri di morti, che quindi in realtà potrebbero essere più di quelli ufficializzati, visto che nello studio si parla di un 5 per cento di mortalità. E qui torniamo ad un discorso ormai vecchio: ci sono più morti di quelli annoverati nel bollettino?