Le dichiarazioni dello scorso 19 novembre del direttore dell’Oms della regione europea, Hans Kluge, riassumono bene la situazione della pandemia di coronavirus in Europa delle ultime settimane: da una parte la presenza di alcuni segnali positivi (come la riduzione settimanale del numero di infezioni, passate da 2 milioni nelle due settimane precedenti al 19 novembre a 1.8 milioni nella settimana precedente), dall’altra l’evidenza di una situazione ancora allarmante (come la tenuta dei sistemi sanitari, con le terapie intensive sotto pressione in diversi Paesi, in primis Francia e Svizzera; o come l’aumento del 18% delle morti in Europa nelle due settimane precedenti al 19 novembre, pari a 29.000 morti nella settimana precedente, che equivale a un morto per coronavirus ogni 17 secondi nella regione europea).
Analizzando nel dettaglio la situazione dei singoli Paesi, si possono poi notare alcune differenze: se prendiamo come riferimento la settimana fino al 22 novembre, ci sono alcuni Paesi (come Belgio, Olanda e Repubblica Ceca) nei quali il numero di contagi rimane relativamente elevato ma con un trend calante; altri Paesi in cui vi è invece una crescita marcata dei contagi, come il Portogallo e la Svezia, rispetto alla quale è inevitabile interrogarsi sulla scelta di non adottare lockdown (né adesso né la scorsa primavera) e di basarsi prevalentemente su raccomandazioni e responsabilità individuale delle persone; infine ci sono alcuni Paesi nei quali iniziano a vedersi gli effetti delle misure restrittive messe in atto nelle scorse settimane, ma che al momento continuano a mantenere lockdown nazionali come la Francia, o che lo hanno appena terminato, come la Gran Bretagna.
Se guardiamo ad esempio il caso inglese (di cui abbiamo discusso in articoli precedenti), tali effetti positivi riguardano ad esempio l’indice Rt (che secondo il comitato scientifico inglese si attesta tra 0.9 e 1 in calo) e il numero di infezioni, che secondo l’Ufficio Statistico Nazionale si è ridotto del 18% tra l’8 e il 14 novembre. Secondo i dati ufficiali forniti dal governo, il numero di persone risultate positive al tampone riportato nella settimana 19-25 novembre si è ridotto del 27% rispetto alla settimana precedente; il numero di ammissioni ospedaliere riportato nella settimana 15-21 novembre si è ridotto del 7.2% rispetto alla settimana precedente. Infine, nella settimana 18-24 novembre, il numero medio giornaliero di positivi al test è stato di circa 18.000 (con un rapporto medio giornaliero tra positivi e tamponi effettuati pari a 5.5%).
Quale che sia la situazione, la sfida attuale più urgente per i Paesi europei è quella di trovare un difficile compromesso tra il mantenere misure restrittive che permettano di ridurre i contagi e limitare i ricoveri ospedalieri e il ‘rilassare’ queste misure durante le festività natalizie, per permettere alle persone di incontrare amici e familiari. Proviamo ad analizzare sinteticamente i piani messi in atto da tre paesi europei.
In Francia, ammesso che il numero di infezioni continui a calare, il lockdown terminerà il 15 dicembre (ma i negozi hanno riaperto lo scorso week end): riapriranno cinema, teatri e musei ma bar e ristoranti rimarranno chiusi e ci sarà coprifuoco dalle 21 alle 7. Le persone potranno viaggiare nel Paese e vedere parenti e amici nelle vacanze natalizie. Ristoranti, palestre e centri sportivi riapriranno solo dopo metà gennaio.
In Germania la cancelliera Merkel ha trovato un accordo con gli stati federali per estendere il lockdown light (negozi e scuole aperti ma bar e ristoranti chiusi) fino al 10 gennaio. Dal 1 dicembre è consentito di incontrarsi ad un massimo di 5 persone, ma questo numero verrà esteso a 10 (bambini sotto i 14 anni esclusi) nel periodo delle festività natalizie (23 dicembre, 1 gennaio). La raccomandazione è quella di limitare al minimo i contatti la settimana prima di Natale cosi da ridurre il rischio di infezioni.
Nel Regno Unito, terminato il lockdown nazionale (finito come previsto il 2 dicembre) è entrato in vigore un nuovo sistema di restrizioni locali a tre livelli (allerta media, alta, molto alta), simile ma più stringente rispetto a quello in vigore prima del lockdown. Tale approccio ha ricevuto fin da subito diverse critiche (anche da esponenti del partito conservatore) dal momento che, al momento, circa il 99% della popolazione risiede in aree sottoposte ai livelli di restrizioni più elevati (livello 2 e livello 3). Questi livelli bandiscono la possibilità di incontrare in luoghi chiusi persone esterne al proprio nucleo familiare mentre pub e ristoranti possono restare aperti solo se servono cibo (livello 2) oppure devono chiudere del tutto o offrire solo servizio d’asporto (livello 3).
Le critiche riguardano principalmente la modalità e i criteri con cui ogni area è stata collocata in uno di questi tre livelli, il fatto che tali macro-aree comprendano al loro interno località con tassi di infezione molto diversi tra loro e l’impatto economico e sociale del protrarsi di tali misure restrittive.
Per quanto riguarda le festività natalizie, in tutto il Regno Unito è previsto un rilassamento di queste misure nel periodo 23-27 dicembre, nel quale ogni famiglia potrà creare una “bolla natalizia” (Christmas bubble) con altre due famiglie con le quali sarò possibile stare insieme anche in spazi chiusi (abitazioni private ma non bar, pub, hotel e ristoranti).
Anche rispetto a questa decisione, da diverse parti sono sorte perplessità sulla sua evidenza scientifica e sul rischio che, dopo mesi di misure restrittive, qualche giorno di festa insieme possa portare ad ulteriori restrizioni e/o lockdown (oltre che ulteriori ricoveri e morti) nel nuovo anno.
Alla luce di questa sintetica panoramica, risulta evidente la difficoltà dei diversi Paesi di bilanciare nel miglior modo possibile la necessità di applicare misure che possano tenere il virus sotto controllo e l’impatto che tali misure possono avere sull’economia e sullo stato psico-fisico delle persone.
In attesa che i vaccini diventino disponibili su larga scala, la grande questione riguarda la modalità migliore con la quale gestire e pianificare i prossimi mesi: è possibile sviluppare sistemi di tracciamento/isolamento che, in associazione con un maggiore utilizzo di tamponi a livello territoriale e con indicazioni chiare sui comportamenti individuali da adottare, permetta di controllare la diffusione del virus evitando continui lockdown?