Gli adulti sono più protetti dal Covid se a contatto con i bambini. È a dir poco sorprendente quanto rileva uno studio pubblicato su Pnas, la rivista degli Accademici delle Scienze degli Stati Uniti. Confrontando l’infezione da coronavirus e il decorso della malattia in diversi milioni di adulti americani conviventi o esposti a contatti frequenti con i bambini, rispetto a chi invece non ha contatti con bambini o ne ha solo di occasionali, è emersa una notevole diminuzione della gravità nei primi. Ne parla Antonio Cassone, membro dell’American Academy of Microbiology, a Repubblica, fornendo anche alcuni dati particolarmente indicativi: gli adulti senza bambini ed infettati da Covid avevano un rischio del 49% più alto di ricovero e del 76 % più alto di ingresso in terapia intensiva rispetto alla malattia degli adulti con bambini.



Differenze che sorprendono considerando che i bambini sono molto contagiosi, quindi gli adulti possono essere maggiormente esposti all’infezione se a contatto con loro. Così è, ma questo non vuol dire che il decorso della malattia possa essere più grave. Questa alta infettività, dunque, si manifesta con una maggiore protezione dalla malattia stessa. «Stiamo parlando, ovviamente, di bambini e adulti non vaccinati», la precisazione di Antonio Cassone. Più infezione, ma meno malattia, per dirla banalmente. Un’anomalia che comprende diverse questioni da chiarire. A partire dalla minore incidenza della malattia nei bambini.



LA RIFLESSIONE DI CASSONE SULL’IMMUNITÀ CROCIATA

Ma come si spiega tale anomalia? I bambini hanno un’arma in più: l’ipotesi di Antonio Cassone è che essendo colpiti spesso da altre infezioni da coronavirus endemici umani, come quelli del raffreddore o comunque del primo tratto respiratorie, ci sono risposte immunitarie cellulo-mediate contro porzioni comuni del virus e che si trovano anche in Sars-CoV-2. L’esperto la chiama immunità crociata non anticorpale, che è poco coinvolta nella protezione dall’infezione, in quanto in questo caso servono gli anticorpi neutralizzanti che sono troppo diversi dai rispettivi domini del coronavirus con cui conviviamo ormai da tempo. Quindi, sono esposti all’infezione, ma poi hanno le informazioni necessarie per combattere efficacemente la malattia senza che questa abbia un decorso grave. Quel che non è ancora chiaro agli esperti è in che modo proteggano gli adulti.



«Le ragioni possono essere tante e fra loro una mantenuta esposizione ai comuni coronavirus può e deve essere considerata», spiega Cassone a Repubblica. Questo studio ha preso in considerazione persone non vaccinate. Nel caso dei vaccinati, si potrebbe pensare che la vaccinazione faccia tabula rasa del fenomeno di cui sopra, ma non è così per Antonio Cassone. «Io non credo tolga del tutto lo spazio all’immunità crociata che nei vaccinati, diventa immunità crociata ibrida». Infatti, ha fatto un esempio: «Se sono vaccinato e sto a frequente contatto con bambini spesso infettati dai comuni coronavirus, parte dell’immunità vaccinale può essere amplificata dal contagio».