Nella caccia all’untore che coinvolge nel più redditizio gioco estivo media e chiacchiericcio, si svela al solito la bassezza dell’invidia generazionale, sociale, della vendetta da sorbire a freddo, insomma, il peggio delle tendenze umane nascoste nei bassifondi di quel che dovremmo chiamare anima. Il vip senza mascherina, magari colto in un attimo, fissando una situazione particolare, di quelle che tutti noi attraversiamo.



Come l’immagine delle dive con la cellulite: distruggi e sfoghi la rabbia per la bellezza e i soldi e il potere. Sappiamo bene che non offrono felicità né punti Paradiso: eppure quanto ci piace quel tiè sotteso, il compiacimento per aver colto in fallo chi, avendo tanto, non deve permettersi mai di sgarrare. Ma c’è qualcosa di peggio nella moda della delazione diffusa a buon mercato: farla passare per saggia e responsabile consapevolezza. Fai la spia e ti premio, se non con denari, con l’applauso e il riconoscimento sociale. Trasformare il pettegolezzo e il guardonismo in un atto di giustizia, di moralità. E c’è qualcosa di ancor peggio nel gioco al massacro che c’impegna in un’estate annoiata di rinunce (risibili: quelle vere arrivano in autunno, e non si tratterà solo di non trovare il posto in pizzeria). Prendersela coi giovani, che sono belli e forti e peggio per loro. E coi figli di.



Ora, è una nemesi pesante eppur necessaria che chi è sulla cresta dell’onda stia sotto i riflettori, non sempre benevoli, dei mezzi di comunicazione e dell’opinione pubblica. Che tu sia un Windsor o un influencer o un politico, lo sapevi prima, che avresti rischiato la vetrina e quella che chiamiamo mancanza di privacy. Non è un diritto, per chi ha ruoli pubblici. Ma lo è per mogli mariti figli di chi ha o ha avuto ruoli pubblici. Perché deve scandalizzare che il figlio di Marta Flavi rischi di essere positivo al Covid? Saranno affari suoi, alla pari di altri ragazzi nella sua condizione. Perché sbattere in fotografia con nome e cognome il figlio dell’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno? Un ragazzo come tanti. Gli sarà già pesato in tanti modi essere un nome noto, gli avrà segnato il carattere. Perché il tormento della persecuzione in odio al padre? Perché dobbiamo sapere che la figlia del tale era a quella festa in Sardegna, il fratello del tal altro a quella cena in terrazza?



Essere figlio di, foss’anche un santo, comporta rinunce e disagio e un senso continuo di inadeguatezza. Poi ci sono padri che si mettono alla berlina, e altri che si lasciano volentieri in pace, a seconda dell’interesse del momento. Anche sui “figli di” cala opportunisticamente il silenzio, quando i padri sono al potere. La piaggeria è così meschina.

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