Il Cile sta attraversando momenti difficili, dopo che per decenni l’alternanza democratica tra Governi di centrodestra e centrosinistra aveva permesso un decollo sia economico che sociale davvero considerevole e non solo a livello latinoamericano: basti pensare che l’indice di povertà nel Paese è passato dal 21% del 1998 al 14% attuale.



Ma non è che il fenomeno dato da questi numeri abbia rappresentato la soluzione dei problemi, perché purtroppo le politiche di Stato decise e portate avanti da Governi contrapposti hanno come fatto negativo non solo pensioni da fame, ma anche uno Stato sociale praticamente inesistente a dispetto di servizi privati che invece in pochi possono permettersi.



Il tutto spiega la causa non solo delle proteste degli anni scorsi, che, però, come abbiamo scritto, sono state spinte verso le loro forme di violenza più estreme da gruppi provenienti dal Venezuela e dall’Argentina, ma anche la richiesta di una Costituzione che superasse quella scritta da Pinochet che ha provocato la protesta (questa volta pacifica, visto che i manifestanti hanno isolato le frange violente) più grande mai registrata nel Paese. Alla quale il Presidente Piñera ha risposto organizzando un referendum costitutivo per la formazione della Commissione deliberante che si è svolto recentemente e che ha portato alla costituzione di un gruppo fortemente appartenente alla sinistra estrema. In contemporanea, le elezioni dei Sindaci svoltesi in varie città hanno portato allo stesso risultato, per cui non è difficile prevedere che, se il risultato dovesse ripetersi nelle prossime elezioni, l’equilibrio politico di questi anni possa rompersi anche se non esiste una maggioranza che possa governare autonomamente, fatto che riporterebbe il Cile a un passato dove il contrasto ideologico di poteri non maggioritari portò al colpo di Stato.



Purtroppo, però, piove sul bagnato e questo pensiero sembra aver conferma nella situazione sanitaria per il Covid-19 nella quale emerge una contraddizione che pare incredibile. Perché il Cile, nonostante abbia un tasso di vaccinazione tra i più alti del mondo (il 75% dei suoi 15 milioni di abitanti ha fatto la prima dose e il 58% la seconda) registra una seconda ondata di Covid-19 con una media di oltre 7.500 infettati al giorno e con strutture sanitarie ormai al collasso. E con un numero di decessi che ormai supera le 35.000 unità dall’inizio della pandemia con oltre 1 milione e mezzo di contagiati.

Da rilevare un altro dato: 17 milioni di dosi di vaccino Sinovac Biotech, 4,6 milioni di Pfizer e 700.000 di Astrazeneca sono state effettuate, il che potrebbe far pensare che la falla nel sistema risulti essere la presenza maggioritaria di un vaccino (quello cinese per intenderci) che recenti studi effettuati anche in madrepatria hanno evidenziato di efficacia minore rispetto ai farmaci concorrenti. Ma la soluzione dell’enigma porta a ben altre conclusioni e il Cile potrebbe costituire un esempio a livello mondiale di cosa potrebbe accadere dopo vaccinazioni di massa che avvicinano molti Paesi a quella che viene giustamente definita “immunità di gregge”. 

Dal punto di vista delle misure adottate in questi giorni, poi, bisogna registrare un ritorno verso la quarantena stretta che ha isolato non solo la capitale Santiago, ma molte altre città del Paese, questo perché la causa principale dell’inaspettata diffusione del virus risiede proprio sia nella stanchezza della gente di dover vivere rinchiusa in casa che nella concezione che il vaccino rappresenti la soluzione magica al problema.

Diversi esperti sostengono come non esista un vaccino che possa coprire al 100% da un virus e inoltre come un farmaco non possa raggiungere la totale protezione con immediatezza, ma necessiti di un certo tempo per poter essere efficace: questi due fattori spiegano in gran parte il fenomeno registrato e cioè un improvviso allentamento nel seguire le restrizioni perché ormai si credeva che la pandemia fosse arrivata alla fine, soprattutto tra persone che non erano state vaccinate. Però a questo effetto “liberi tutti” si deve aggiungere anche quello dell’apparizione e la diffusione gigantesca che ha avuto la variante brasiliana, che oltretutto non viene efficacemente contrastata specie dal vaccino cinese. E qui sta il punto, perché la stessa recrudescenza del virus era apparsa pure in Gran Bretagna dopo la prima ondata vaccinale massiva, ma fortunatamente per il Paese europeo, il ceppo brasiliano non ha fatto in tempo a diffondersi per ovvie questioni di distanza e per i controlli severi sugli spostamenti internazionali operati dalle autorità inglesi.

Alla luce di tutto questo la speranza è che le misure adottate in Cile possano risolvere una questione che permetterebbe a questo bellissimo Paese, dove risiede pure una fortissima emigrazione italiana in gran parte di origini genovesi, di raggiungere un po’ di tranquillità per poter affrontare un nuovo corso che, si spera, lo riporti verso un cammino simile a quello vissuto in questi anni, con un sistema sociale ovviamente degno di questo nome.

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