Non è più solo Joe Biden a chiedere prove determinanti sull’eventuale fuga dai laboratori cinesi del Covid, ma anche il G7, le nazioni più potenti dell’Occidente.

Una escalation in chiave politica che, come ci ha detto il professor Massimo Introvigne, sociologo, fondatore del Cesnur e del sito Bitter Winter, che documenta la repressione civile e religiosa in Cina, “non porterà a nulla di concreto, perché la Cina non ammetterà mai le sue eventuali colpe, ha già chiuso il caso, ma che potrà portare a significativi risultati sull’opinione pubblica occidentale e sui media, fino a un anno fa completamente asserviti alla propaganda cinese, che si faceva beffe delle accuse di Trump e che adesso sta cambiando direzione”.



La notizia interessante, ci ha detto ancora Introvigne, è che secondo un recente studio della Federazione mondiale dei giornalisti “l’Italia è il paese al mondo più prono alla propaganda di Pechino”.

L’Occidente ha deciso di intraprendere una direzione precisa sul caso Covid, in cui la Cina è sospettata e indiziata di aver causato la pandemia. Si otterrà qualcosa secondo lei? Dove può condurre questa escalation?



A nulla. Per i cinesi la questione è chiusa, non sono disponibili a condividere altri dati o ammettere che quelli consegnati all’Oms sono parziali. Nei loro documenti, che io leggo, continuano a dire che bisogna andare a fare esami nei laboratori americani o addirittura in quelli italiani.

Italiani? Un bel coraggio. Gli indizi sui laboratori di Wuhan sono invece sempre più numerosi?

Anche se la questione fosse aperta, non cambierebbe molto. È evidente, da quanto detto da un paio di partecipanti della missione dell’Oms a Wuhan, che poi non era una missione dell’Oms e questo va chiarito sempre, ma una missione congiunta dell’Oms con la Cina, hanno avuto l’impressione che ogni dato disponibile relativo all’inizio della pandemia sia stato fatto sparire. È  molto probabile che i dati di quell’epoca siano in qualche archivio super segreto o distrutto. Lo scopriremo quando mai cadrà la dittatura cinese, ma prima che cada non scopriremo nulla, e forse neanche dopo.



Queste iniziative, come la lettera che il G7 ha mandato all’Oms chiedendo chiarimenti, anche se non avranno risultati concreti, sono una sorta di campagna per mettere in cattiva luce la Cina?

Queste iniziative hanno un significato politico. Un po’ come quando si riconosce il genocidio degli uiguri, cosa che hanno fatto cinque paesi al mondo, Stati Uniti, Olanda, Canada, Regno Unito e Lituania: non è che per questo in Cina smettono di perseguitarli. Si consegue un risultato politico e nel mondo della politica sono cose importanti.

Allora queste iniziative come possono incidere sull’opinione pubblica occidentale?

Dovrebbero far emergere un certo verminaio non in Cina, ma soprattutto in Occidente, e credo che vada emergendo. La Federazione mondiale dei giornalisti ha appena rilasciato un rapporto dettagliato in cui risulta che l’Italia è il paese autore del giornalismo più prono ai voleri cinesi. Questo può far esplodere uno scandalo sulle pressioni fatte da Pechino sui media e anche sui social. Fino a due settimane fa Fb e Twitter cancellavano automaticamente i post sulle origini del virus dal laboratorio di Wuhan.

Facebook usa sempre la scusante di non pubblicare post che aizzano al complottismo.

Sono decine gli articoli della stampa italiana che accusavano di complottismo Trump facendo sociologia da quattro soldi, ignorando che c’erano organizzazioni come il Consiglio delle ricerche francesi che sosteneva gli stessi argomenti. Tutto questo non è accaduto spontaneamente; corrisponde a una forte attività di condizionamento e anche di corruzione attraverso la pubblicità sulla stampa occidentale. È un verminaio, ripeto, che non sappiamo dove si potrà fermare.

Ad esempio, la storia delle mail del dottor Fauci?

Esatto, una storia molto delicata. Una stampa di destra ci legge forse di più di quanto ci sia, ma è innegabile che Fauci abbia dimostrato il desiderio di non voler pregiudicare i suoi rapporti con i colleghi cinesi. Bizzarrie di Trump, diceva, ma oggi deve andare in tv a dire il contrario. La massa critica di dati che punta nella direzione della colpa cinese è notevole, ma in assenza di possibilità di accedere ai dati cento indizi non faranno mai una prova.

(Paolo Vites) 

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