La crescita dei posti di terapia intensiva ha permesso negli scorsi mesi – a fronte del disastro completo avvenuto durante la prima fase – l’affrontare la seconda ondata Covid con qualche “arma” in più, evitando il collasso completo delle rianimazioni in diverse aree del Paese. Si è fatto però poco, troppo poco – specie in alcune Regioni – e ora alcuni nodi iniziano a venire al pettine: secondo il reportage di “Repubblica”, mandato di Arcuri nella struttura commissariale ha portato migliaia di ventilatori polmonari, consegnandoli alle Regioni e portando la capacità delle rianimazioni agli attuali 9.059 posti letto.



Al momento però, nei magazzini oggi controllati dal commissario Figliuolo vi sono ancora abbandonati 1.400 ventilatori: 1.135 sono adatti alla terapia intensiva, 125 sono per le sub-intensive, 140 sono stati donati. Sono ancora lì perché i territori non li richiedono ma ora emergono alcuni dettagli nelle indagini scattate dai Nas nelle scorse settimane: esisteva un Piano B del Governo e si chiamava “Piano di riorganizzazione della rete ospedaliera nazionale”, doveva in sostanza entrare in vigore se qualche Regione avesse accusato sofferenza con il rialzo dei ricoveri.



LE INDAGINI DEI NAS SULLE TERAPIE INTENSIVE

Il piano è stato varato in “massima urgenza” dal commissario Arcuri nell’estate scorsa ma solo a ottobre è partito il bando di gara (con tanto di polemiche serrate delle Regioni contro la lentezza della struttura commissariale). «A dicembre tutti i 21 lotti geografici sono stati assegnati per una cifra complessiva di 713,2 milioni di euro ma per vederli realizzati passeranno anni», scrive ancora Repubblica portando alla luce il perché quel piano non sia mai del tutto decollato, «I soldi non ci sono – ha spiegato a Repubblica uno degli imprenditori vincitori del bando – le Regioni pensavano di ricevere subito i 700 milioni dalla Struttura commissariale, invece non è arrivato neanche un euro. Gli enti locali che hanno qualche risorsa in bilancio possono avviare lavori minimi, ma praticamente nessuno è in grado di anticipare le somme».



Al netto di tutto ciò, si aggiunge un problema tutt’altro che marginale: i Nas stanno infatti indagando su diversi “strani dati” comunicato al Governo nei mesi scorsi proprio sulle terapie intensive: dal Molise alla Sicilia, passando per la Puglia e il Piemonte. Il Nucleo Anti Sofisticazioni inviato dal ministro Speranza ha recuperato un audio del responsabile del dipartimento Salute in Sicilia Mario La Rocca dove si sente chiedere ai direttori di inserire “dati dubbi nel sistema informatico”: ancora da Repubblica, la trascrizione «Oggi faranno le valutazioni e in funzione dei posti letto in terapia intensiva decideranno in quale fascia la Sicilia risiede». Si difende però la Regione spiegando «I posti erano funzionanti, chiedevamo soltanto un riallineamento». Caso simile e ancora più ampio in Puglia dove il professor Tommaso Fiore, anestesista di fama nazionale ed ex assessore regionale alla Sanità del governo Vendola, ha denunciato alcune anomalie regionali: «Ci sono cento posti che esistono soltanto sulla carta», tra non attivabili e attivabili solo laddove venga aumentato il personale sanitario per farli funzionare. Si cerca di capire insomma se in alcuni territori siano stati “gonfiati” i dati sulle terapie intensive per evitare di risultare sopra quella soglia critica fissata del 30% oltre la quale scattano più restrizioni e allarmi epidemiologici.