La pandemia da Covid-19 è nata a causa di un incidente in un laboratorio di ricerca di Wuhan? La tesi, che circola oramai da più di un anno, e che viene annoverata tra le due-tre ipotesi più gettonate a proposito dell’outbreak del nuovo Coronavirus dalla Cina in tutto il mondo è tornata in auge nelle ultime ore. A riproporla, con una lettera-appello pubblicata sulla prestigiosa rivista “Science”, un team di 18 scienziati che, pur senza avanzare certezze o portare nuove prove in merito, avanzano dei dubbi e chiedono che venga fatta luce sulla vicenda. Detto in altre parole, la pur accreditata ipotesi dello “spillover” del virus e del salto di specie, accolta dalla maggior parte degli scienziati in giro per il mondo, può essere affiancata da quella dell’incidente casuale ma dagli esiti drammatici.



A loro dire, infatti, servirebbero delle nuove indagini dal momento che il Governo di Pechino aveva escluso la possibilità di un incidente presso un centro di virologia locale, mentre quelle condotte dagli ispettori dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) non sono state accurate anche per la mancata collaborazione della autorità cinesi. Tra i firmatati della lettera-appello vi sono anche alcuni dei massimi esperti in materia di SARS-CoV-2, i quali spiegano che l’ipotesi (che purtroppo ha dato la stura anche per alcune derive complottistiche e dannose all’interno di quell’ecosistema che è il dibattito pubblico) di un incidente presso un laboratorio della provincia di Hubei non sia poi così peregrina e che dunque c’è qualcosa che ancora non sappiamo.



SARS-COV-2 NATO DA UN INCIDENTE DI LABORATORIO? L’ARTICOLO SU “SCIENCE”

“Noi crediamo che la questione meriti un’indagine basata su elementi scientifici, corretta e accurata, e che qualsiasi conclusione debba essere elaborata sui dati disponibili” ha spiegato a tal proposito David Relman, eminente professore di microbiologia e immunologia in servizio presso la Stanford University, oltre che uno dei firmatati dell’appello per la ricerca della verità. Parole che cozzano con le conclusioni a cui erano giunti gli esperti dell’OMS che avevano ritenuto “altamente improbabile” l’ipotesi della ‘fuga’ accidentale del virus dal famigerato laboratorio di Wuhan. A supporto di Relman, vi sono anche tre lavori universitari realizzati presso l’Istituto di Virologia della città cinese, divulgati su Twitter proprio nelle ore precedenti la pubblicazione dell’articolo su “Science”. Nei suddetti studi si riscontra come i dati siano divergenti da quelli forniti dallo stesso Istituto dopo lo scoppio della pandemia.



Non solo: a giudizio degli esperti che hanno letto e analizzato nel dettaglio questi tre lavori realizzati tra il 2014 e il 2019 (tra cui Ralph Baric, ex collaboratore proprio del centro di ricerca cinese, Jesse Bloom, noto virologo dell’ateneo di Washington, e Ravindra Gupta, professore di Microbiologia Clinica) pare che i risultati mettano pure in discussione la supposta integrità delle sequenze genetiche del virus che l’Istituto ha divulgato nel corso dei mesi del 2020. A segnalare questa curiosa coincidenza è stato “Le Monde”, spiegando che dei tre lavori una è una tesi di dottorato e due sono studi a livello di master universitari; sotto la lente di ingrandimento non solo i dati non coincidenti ma anche uno studio del virus RaTG13 (un betacoronavirus molto simile alla SARS che infetta il pipistrello ‘ferro di cavallo’) e il suo possibile legame col Covid-19.

I MISTERI DELL’ISTITUTO DI WUHAN E I LEGAMI COL VIRUS RATG13…

I misteri e i punti oscuri non finiscono qui: infatti proprio il virus RaTG13, prelevato da esemplari di pipistrello in una miniera abbandonata a Mojiang (provincia dello Yunan) nel 2013, aveva causato l’infezione di sei operai, di cui tre erano poi deceduti a causa di una malattia polmonare i cui sintomi erano affatto dissimili da quelli tristemente noti del Covid-19 e che abbiamo imparato a conoscere. Di conseguenza, secondo alcuni scienziati -anche se i firmatati della lettera non attuano da parte loro subito questo passaggio logico- potrebbero esserci dei legami tra i due virus: l’unica cosa che pare certa è che presso l’Istituto di Virologia conoscesse già da tempo questo tipo di coronavirus e l’abbia studiato a lungo, pur comunicando al mondo i risultati (e peraltro non sempre veritieri) solamente dopo che l’epidemia era stata riclassificata come pandemia.

E ora cosa potrebbe succedere? L’articolo, apparso su una rivista del calibro di “Science”, ha avuto il merito di far riaccendere il dibattito sulla questione e soprattutto dà nuovo fiato alle trombe di chi sostiene che debbano essere condotte nuove indagini “trasparenti, oggettive, basate sui dati e soggette a una supervisione indipendente e, auspicabilmente, con una più solerte collaborazione da parte delle autorità sanitarie cinesi. Lo stesso Baric, che come detto aveva lavorato per il laboratorio di Wuhan, nel 2015 aveva pubblicato su “Nature Medicine” uno studio che aveva diviso la comunità scientifica e in cui parlava della creazione di un nuovo coronavirus pericoloso per l’uomo a partire da quello di un pipistrello. Ovviamente si tratta di tanti tasselli di un puzzle che, come nel caso della tesi dello spillover, non fanno pendere la bilancia da una parte e dall’altra né screditano le opinioni contrarie. la sensazione è che si è ancora lontani dallo scoprire la verità e ci vorranno anni per ricostruire il lungo, tortuoso e per adesso nebbioso cammino del SARS-CoV-2.