L’Iss ha pubblicato un nuovo studio sulle donne in gravidanza durante la prima ondata di Coronavirus con i relativi risultati. In tutto sono state 875 le donne in gravidanza risultate positive ma fortunatamente tra loro non è stata segnalata alcuna morte ed i casi di parto cesareo è rimasto in linea con quello nazionale pre Covid come emerge dai dati dello studio coordinato dall’Italian Obstetric Surveillance System (ItOSS) dell’Iss. I casi registrati fanno riferimento al periodo compreso tra il 25 febbraio, quando fu registrato in Italia il primo caso ostetrico e il 30 settembre, considerata la data di fine della prima ondata. Degli 875 casi in esame, 667 sono state le donne che hanno partorito e rispetto alle quali il tasso di incidenza dell’infezione da Covid è stato complessivamente di 2,9 casi per 1000. Nel dettaglio si parla di 5,3/1000 nel Nord; 1,6/1000 nel Centro; 0,6/1000 al Sud. Solo in Lombardia – dove si sono registrati il 53% dei casi totali – si parla di 8,9/1000. La responsabile Serena Donati ha spiegato che lo studio in oggetto “permette di descrivere i modelli organizzativi e le modalità assistenziali adottate per fronteggiare la prima ondata dell’emergenza sanitaria dovuta al COVID-19 in ambito perinatale con l’obiettivo di produrre conoscenza utile ai decisori e ai professionisti sanitari che stanno affrontando la seconda ondata”. Ne è emerso inoltre che a parte qualche piccola eccezione, i benefici del parto vaginale, insieme al contatto madre-bambino e all’allattamento sono maggiori del rischio di contagio.
COVID, DONNE IN GRAVIDANZA DURANTE PRIMA ONDATA: LO STUDIO DELL’ISS
Lo studio sulle donne in gravidanza durante la prima ondata di Covid ha rivelato che nella maggior parte dei casi le donne prese in esame hanno sviluppato una malattia lieve o moderata e solo il 2% ha necessitato di un ricovero in terapia intensiva. Il 18,6% delle donne ha sviluppato una polmonite interstiziale da Covid. Nel 13% dei casi i parti sono stati pretermine – il doppio del tasso nazionale – ma il 71% dei casi è attribuibile alla decisione di anticipare il parto. I parti cesarei sono stati pari al 34%, in linea con il tasso nazionale. Nel 51% dei casi la partoriente ha potuto avere al suo fianco una persona di sua scelta durante il travaglio/parto e il 54% dei neonati è potuto rimanere accanto alla propria mamma, in quasi la metà praticando il contatto pelle-a-pelle. Oltre la metà (69%) di mamme e bambini hanno condiviso la medesima stanza e il 76% dei neonati ha ricevuto il latte materno, numeri questi aumentati nei mesi finali della prima ondata poichè inizialmente vi fu la tendenza a tenere separati i piccoli dalle mamme. Proprio le condizioni di salute dei neonati rimasti con le mamme non sono peggiori rispetto a quelli che sono stati separati dopo la nascita. Al 30 settembre sarebbero state registrate solo 6 morti in utero e una neonatale non riconducibili al Covid, e nessuna morte materna. Alla luce dei dati raccolti, la trasmissione del Coronavirus da madre a neonato sembra possibile ma molto rara. Dei 681 neonati, solo 19 (2,8% dei casi) sono risultati positivi al Covid dopo la nascita e solo uno ha avuto complicazioni respiratorie risolte dopo il ricovero in terapia intensiva.