L’isolamento sociale, la paura del contagio, l’incertezza, il disagio finanziario, la paura o il dolore mal risolto stanno minando la salute mentale di molte persone. “È venuto allo scoperto senza più nessun filtro un disagio stratificato da anni” scrive qualcuno sui social. “L’isolamento porta all’isolamento, non cerco nessuno e me ne sto nel mio. Parlo poco anche con i miei familiari, come se non riuscissi più a interagire”. Secondo Giampaolo Perna, professore straordinario di Psichiatria presso l’Humanitas University (Milano) e responsabile del Centro di Medicina personalizzata per i disturbi d’ansia e di panico all’Humanitas San Pio X, “la situazione attuale è dovuta al prolungarsi di una emergenza che sembra non avere fine. Il vaccino è al momento l’unica reale possibilità di una speranza, ma anche se questo si mostrasse capace di risolvere tutto, dovremo fare i conti a lungo con effetti pesanti sulla salute mentale”.



Diversi studi scientifici ci dicono che depressione, ansia, paura, sono in aumento con il perdurare della pandemia. Secondo lei è giustificato? C’è un motivo medico o endemico?

Purtroppo, è vero che notiamo un aumento del disagio. Dopo un primo periodo dove ansia e paura sono state padrone, nella seconda fase dei mesi scorsi la fatica, la stanchezza e la demoralizzazione hanno invaso la popolazione. Adesso le cose stanno un po’ cambiando.



In che modo?

Si fa viva una sorta di insofferenza, nel senso che siamo più irritabili, appunto insofferenti, per una situazione che si sta prolungando. È anche più facile che monti un po’ di rabbia con il rischio di alimentare conflitti.

Rabbia dovuta alla mancanza di risposte sanitarie e da parte del governo in grado di soddisfarci, di dare prospettive concrete?

Rabbia dovuta al fatto che dopo la prima ondata con le prime misure restrittive abbiamo avuto una pausa speranzosa in estate, poi la pandemia è tornata e con essa le misure restrittive, per aver poi vissuto un altro momento di libertà nel periodo pre-natalizio seguito dalle restrizioni attuali. Inizia a montare la sensazione che la pandemia non passi e che le fasi positive siano illusioni. In sostanza ci sentiamo sempre “ingabbiati” con la conseguenza di aumentare le emozioni negative, passando dalla fase di rassegnazione e stanchezza all’accendersi dell’energia negativa attuale. Occorrerebbero risposte chiare sulla pandemia, che tuttavia non sono facili da trovare.



Si creano cioè situazioni di irritabilità, di fastidio, di isolamento anche nel contesto familiare?

Fuori della famiglia e anche nella famiglia. Passano i mesi e le famiglie sono compresse in casa senza sfoghi esterni e questo può acuire le tensioni e i conflitti. Ricordiamoci che le persone non sono tutte uguali, ognuno ha bisogni, comportamenti, abitudini diverse. Normalmente ci si adatta e si trova un equilibrio, e le diversità trovano una valida soddisfazione con attività esterne all’ambito familiare. Quando le attività esterne vengono impedite è facile che si accendano scintille e conflitti.

Che succede allora?

Emerge una sorta di rabbia mista a scoraggiamento, perché la situazione non migliora facilmente, perché ci si sente costretti. È tuttavia vero che adesso abbiamo la grande speranza dei vaccini, che possono fare da barriera nei confronti della pandemia, rappresentando anche una specie di sfida dell’uomo nei confronti della natura.

Cosa intende con queste parole?

Di fatto i vaccini li sta creando l’uomo e, se saranno davvero l’elemento vincente, diventerebbero una prova di forza del genere umano capace di sfidare una situazione così devastante e di vincerla. Senza, tuttavia, nulla togliere alla necessità di capire quanto questa pandemia nasca anche dalla mancanza di rispetto dell’uomo nei confronti della natura e di agire di conseguenza per prevenire situazioni simili in futuro. In qualsiasi caso, il vaccino, espressione della scienza e dell’ingegno umano, è una sfida molto importante. Questa è la spinta positiva che potrebbe aiutare anche psicologicamente a superare lo scoraggiamento e la rabbia.

Quella negativa?

Non vedere la fine. Si tornerebbe ad avere quel senso di essere in una gabbia che pensavamo di aver vinto un paio di volte, in estate e a Natale. Se dovessimo perdere la sfida dei vaccini allora diventerebbe davvero difficile recuperare la fiducia. Non dimentichiamoci che accanto agli effetti sanitari diretti della pandemia, le difficoltà economiche attuali e nel prossimo futuro aumenteranno ulteriormente il livello di stress della popolazione con il potenziarsi di tutta una serie di incertezze e di paure. Io comunque sono ottimista e confido molto nei vaccini che spero saranno il punto di partenza per cominciare a sgretolare questa pandemia e avviare la ripartenza.

Ma questo disagio che sperimentiamo, era presente già prima della pandemia e rimaneva nascosto? O nasce adesso?

Ci sono vari aspetti del disagio. Tra quelli attuali, uno dei più importanti è l’isolamento sociale, per la drastica riduzione dei contatti sociali e fisici. Questo è un fattore indubbiamente negativo perché l’uomo è un essere sociale che trae dal contatto sociale stimoli positivi. Il contatto fisico è fondamentale per il corretto sviluppo psico-fisico dell’individuo, soprattutto nei bambini e negli adolescenti. Il prolungarsi di questa privazione potrebbe quindi avere effetti negativi nella possibilità di plasmare nei giovani una socialità efficace. Un altro aspetto che agisce sia direttamente che su vulnerabilità nascoste è lo stress prolungato che stiamo vivendo e che rischia di diventare distress.

Cioè?

Significa uno stato psico-fisico tossico che nel lungo termine tira fuori le nostre debolezze e vulnerabilità, come la tendenza ad essere ansiosi e depressi, che possono manifestarsi in maniera intensa e invalidante. Mentre all’inizio paradossalmente per persone con alcuni disturbi il lockdown poteva essere un vantaggio (se sono agorafobico, mi va bene perché non devo uscire; se ho un’ansia sociale forte, mi va bene perché evito di avere contatti sociali) nel lungo termine la privazione di libertà ha un effetto negativo su tutti.

Quindi?

Cominciano a sgretolarsi gli elementi di base del benessere e, per alcuni, emergono tutta una serie di disagi psichici. Ci sono dati che suggeriscono che l’effetto mentale di questa pandemia sarà intenso anche dopo la sua fine e che avremo a che fare con i suoi effetti per molto tempo. Stiamo analizzando i dati raccolti dal mio team di ricerca sulla salute mentale della Humanitas University proprio sull’effetto della pandemia sul benessere mentale e sta emergendo un quadro non proprio rassicurante. Lo studio proseguirà per i prossimi due anni e speriamo ci possano dare una fotografia completa anche sul post-pandemia.

Conseguenze psichiche ci saranno, come dovremo attrezzarci al proposito?

Ricordiamoci sempre che non c’è salute senza salute mentale. La vera sfida sarà distinguere le condizioni patologiche ansiose o dell’umore dalle normali e coerenti, seppure intense, reazioni emotive alla pandemia. Nel primo caso dovremo curare e nel secondo aiutare a gestire e superare il disagio senza necessariamente aggrapparci a una pastiglia. In un periodo di stress così intenso, prolungato e imprevedibile sarà decisiva la formazione di operatori della salute mentale che siano capaci di affrontare in maniera personalizzata il disagio di ogni persona senza limitarsi a ridurre il disagio a comode etichette diagnostiche. In questa gigantesca sfida all’uomo, è dovere di ogni operatore della salute mentale comprendere i bisogni di ogni singola persona e intervenire di conseguenza in maniera sartoriale.

(Paolo Vites)

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