Si pensava che il ritorno all’insegnamento in presenza avrebbe risolto il profondo disagio sorto durante la didattica a distanza, ma non è così. Lo strascico lasciato e la continua incertezza per un possibile ritorno alla Dad hanno segnato profondamente i ragazzi, ma anche gli insegnanti. C’è anche il fatto che, nonostante il ritorno in classe, ci sono precise misure di sicurezza da osservare, ad esempio il distanziamento fisico, cosa che soprattutto per i bambini più piccoli provoca grande disagio e può comportare danni nello sviluppo della personalità. Ce lo ha confermato in questa intervista il professor Giampaolo Perna, Responsabile del Centro di Medicina Personalizzata per i Disturbi d’Ansia e di Panico all’Humanitas San Pio X: “Il contatto umano è elemento fondamentale per lo sviluppo psico-fisico del bambino”. Sempre secondo Perna, “l’isolamento vissuto nella prima fase della pandemia ha provocato uno strascico che sta lasciando conseguenze e di cui non vediamo ancora una uscita, è un periodo molto delicato”. Secondo i dati dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, sono aumentati drammaticamente i casi di autolesionismo e i tentativi di suicidio tra i ragazzi.



Rispetto alle precedenti fasi della pandemia si registra un aumento tra i ragazzi degli atti di vandalismo e anche di intemperanze nei confronti dei docenti. Come si spiegano?

In questa fase della pandemia due sono gli elementi che emergono. Il primo è una stanchezza generale, che favorisce un allentamento delle capacità di controllo sulle proprie emozioni. Il secondo è l’accentuarsi di una insofferenza e intolleranza che le privazioni imposte dalla pandemia amplificano. Il vero rischio è che gli atteggiamenti difensivi, in particolare paura, ansia e rabbia, che abbiamo attivato durante questa pandemia, possano diventare abitudini.



Cioè?

Questi comportamenti rischiano di cristallizzarsi e quindi, anche una volta usciti dall’emergenza pandemica, potrebbero diventare più difficili da superare. Inoltre, rimanere ingabbiati in regole difensive porta man mano ad aumentare il senso di disagio, a ridurre la capacità di tollerare lo stress e ad attivare il secondo meccanismo di difesa che abbiamo, cioè la rabbia.

Cosa sta dunque succedendo?

La gente inizia a essere più irritabile e infastidita, anche perché non si vede chiaramente la via di uscita. Anche l’informazione non viene vissuta più come così solida e credibile. Tante previsioni fatte negli ultimi due anni non si sono avverate, facendo emergere anche un po’ di sfiducia nei confronti delle notizie che otteniamo sia da fonti ufficiali che non ufficiali. Laddove mancano informazioni chiare che permettano di fare una previsione affidabile, in questo contesto germogliano ansie e reazioni di rabbia. Queste emozioni difensive, purtroppo, iniziano a essere rafforzate dalla stanchezza legata alla situazione di stress protratto dalla pandemia e facilmente inducono reazioni emotive di fondo come rassegnazione, sfiducia e intolleranza, allentando il controllo su emozioni più intense con la rabbia.



Tornando in presenza, ma dovendo mantenere certe misure di sicurezza come il distanziamento fisico, i bambini delle elementari e delle medie vengono privati dei contatti fisici, ad esempio il semplice abbraccio. Può influire in modo negativo sul loro sviluppo?

Assolutamente sì, il contatto umano è elemento fondamentale per lo sviluppo psico-fisico del bambino. Il fatto che questi aspetti relazionali vengano a mancare per un tempo così prolungato, parliamo ormai di due anni, ci deve mettere in guardia. Il bambino trova nel gioco e nel contatto fisico un momento essenziale per il suo sviluppo emotivo e sociale, quindi, il fatto che questo venga impedito, pur per motivi validi, crea un mondo che non è esattamente il mondo ideale per una sana crescita dei nostri bambini. Vista la durata di questa situazione di emergenza, diventa ancora più importante pesare con molta attenzione, da una parte, i rischi dovuti all’infezione virale e, dall’altra, il rischio dovuto alla privazione del contatto fisico e della comunicazione ravvicinata soprattutto per i più piccoli. E’ un momento molto delicato e le scelte nei confronti dei nostri bimbi avranno inevitabili conseguenze sul loro sviluppo futuro. A mio avviso, noi adulti dobbiamo tutelare in tutte le maniere possibili il futuro psico-emotivo dei nostri bambini e dei nostri giovani, mettendo loro davanti a noi.

Si registra anche un aumento dei tentativi di suicidio e autolesionismo. Perché?

Sicuramente il disagio nei più giovani è aumentato e sono aumentate anche le reazioni emotive forti, ad esempio la tristezza e la disperazione. E’ plausibile che queste forti reazioni emotive si siano attivate in conseguenza di questo periodo di privazioni e stress. Il fatto che si tenda a rimanere molto in famiglia, non sempre aiuta a mantenere rapporti sani, perché lo sfogo del mondo esterno viene meno e quindi la possibilità di prendere una giusta distanza da problemi e difficoltà in famiglia. Non dimentichiamoci che anche i genitori si stancano e si irritano per i tanti problemi che la pandemia porta con sé, quello economico compreso. Quindi il bambino si trova in una situazione di ulteriore difficoltà.

Quali indicazioni si possono dare per affrontare tutto questo?

Ci sono famiglie fortunate dove tutto va bene, ma ci sono anche situazioni più complesse. In generale, tuttavia, stare solamente in famiglia e per un tempo eccessivamente prolungato non è qualcosa che aiuta uno sviluppo armonico e completo del bambino. Possiamo cercare di aumentare il più possibile, nei limiti delle misure di sicurezza proposte, le occasioni di socializzazione e contatto con i coetanei, non soltanto virtuali, ma anche reali.

(Paolo Vites)

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