Il Covid è davvero diventato più buono. Alle ipotesi circolate negli ultimi mesi risponde con certezza uno studio a cui ha lavorato Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv) insieme al suo team di Brescia. «Il coronavirus Sars-CoV-2 è mutato diventando più buono», ha dichiarato all’AdnKronos Salute, precisando di aver inviato la ricerca ad una importante rivista scientifica internazionale. Lo studio dimostra che le sottovarianti di Omicron, dalla BA.2 in poi, quindi anche BA.4 e BA.5 attualmente dominante, alla luce della forte pressione causata dall’immunità da vaccini e guarigione, hanno sviluppato una mutazione “fortunata” per l’uomo. «Sono praticamente incapaci di infettare gli endoteli», i vasi sanguigni e linfatici. Di conseguenza, non riescono a «causare le disfunzioni ritenute alla base di sintomi gravi a livello polmonare, fenomeni trombotici e, probabilmente, anche delle manifestazioni cliniche associati al Long Covid».
La scoperta è tutta italiana, ma soprattutto importante, poiché fa ben sperare anche sull’evoluzione futura del coronavirus. Il gruppo del docente di microbiologia e microbioligia clinica all’Università di Brescia, direttore del Laboratorio di microbiologia dell’Asst Spedali Civili, ha identificato una seconda porta d’ingresso che il coronavirus può usare per aggredire il nostro organismo, cioè le integrino, proteine espresse anche da cellule da cellule che possono non avere il recettore Ace2, il portone principale usato da Sars-CoV-2.
“CORONAVIRUS STA PERDENDO PEZZI”
Analizzando gli isolati virali a loro disposizione, i ricercatori hanno osservato che le sottovarianti Omicron hanno sulla proteina Spike una mutazione che si chiama D405N e modifica la regione virale che si lega alle integrino. Questa posizione «non è più in grado di agganciare e infettare gli endoteli umani». Quindi, il coronavirus non è più grado di causare i sintomi più gravi e, almeno in parte, le sequele della sindrome Long Covid. Se colpisce in maniera meno forte è anche perché ha cambiato bersaglio: non più i polmoni, ma le alte vie respiratorie. Lo studio di Brescia aggiunge quindi un ulteriore elemento: «Da Omicron 2 in poi, la maggiore mitezza del patogeno di Covid-19 può essere ricondotta anche all’incapacità biologica delle nuove sottovarianti virali di infettare gli endoteli».
Questo dimostra, secondo l’esperto, che per sfuggire alla pressione immunitaria il coronavirus sta perdendo pezzi chiave e di conseguenza sta perdendo patogenicità, anche se è molto più trasmissibile. Il professor Arnaldo Caruso fa però una precisazione all’AdnKronos: «Ciò non toglie che ogni virus, anche se si attenua, quando colpisce un organismo immunodeficitario rimane pericoloso. Non bisogna pensare “siamo salvi». Se il Covid manterrà questo trend evolutivo, «gran parte dei sintomi che causa saranno banali, gran parte dei contagiati avrà manifestazioni lievi, ma purtroppo i fragili continueranno a rischiare. Esattamente come succede con tutti gli altri virus».