Come ho cercato di spiegare in un mio precedente articolo, l’avvocatura è ormai al collasso a causa del Covid-19. Ogni giorno assistiamo alla morte silenziosa e dolorosa di centinaia di studi legali e, con essa, dei diritti dei cittadini.  Ebbene sì, quando l’avvocatura muore, con essa muore la legalità e la domanda di tutela del cittadino da parte dello Stato.



Ormai non si può più stare a guardare. Chi svolge questa professione sta avendo tante difficoltà economiche e sarà sempre peggio, se non si ritorna nelle nostre amate aule di Tribunale al più presto e senza limitazioni di accesso. Essere avvocato significa credere in alcuni ideali e valori fondamentali. Significa battersi per la difesa dei deboli e non può esistere una difesa legata ad accessi limitati e a cause con rinvii lunghissimi.



Il Covid è il nemico di tutti, ma non può e non deve essere nemico anche della legalità. Bisogna al più presto quanto meno ripristinare lo status quo ante. Non che nella fase pre-Covid le cose andassero a gonfie vele, ma almeno si andava avanti, ancorché lentamente. Se non si esce al più presto da questa emergenza nell’emergenza, si rischia davvero di distruggere l’intera avvocatura.

Le cause che oggi non andranno a sentenza, non produrranno onorari per l’avvocato per un tempo che, a questo punto, rischia di durare più di un anno, un’eternità, mentre i costi della gestione degli studi legali sono spesso fissi e continueranno a incidere sulle casse ormai esangui ed esauste degli studi legali. Per quanti mesi ancora gli avvocati potranno fare a meno di percepire onorari e sostenere, attingendo spesso alle proprie finanze personali, ai costi di gestione dei loro studi?



Bisogna trovare proposte adeguate di risoluzione per uscire al più presto da questa fase di stallo dell’avvocatura e della legalità. Queste ultime sembrano essere state dimenticate dal governo.

Eppure, come ormai dovrebbe essere noto a tutti, le prestazioni legali sono prestazioni indispensabili e sono perciò equiparate ai servizi pubblici essenziali, come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale e come sottolineato anche in una nota della Regione Campania di qualche mese fa. La nota è stata emessa dalla Regione in occasione della definizione della zona rossa di Arzano. Con quella nota, la Regione ha riconosciuto il diritto degli avvocati residenti nel comune dell’hinterland napoletano di recarsi nei tribunali del circondario per svolgere le loro funzioni.

Allora, se tutto ciò è vero, perché non vaccinare al più presto giudici, avvocati e operatori del diritto in genere, così da consentire loro di riprendere le attività almeno con gli stessi tempi degli altri uffici pubblici che erogano servizi essenziali?

Attualmente, non è chiaro dalla lettura del piano vaccinale se, laddove ci si riferisce ai servizi essenziali, siano inclusi anche i servizi legali. Se fosse esclusa la giustizia, sarebbe grave e, oltre a danneggiare il settore, rischierebbe di diminuire l’efficacia della campagna vaccinale nel frenare la diffusione del virus.

Infatti i Tribunali sono luoghi frequentati ogni giorno da migliaia di persone e in cui è pertanto facilmente possibile che avvenga il contagio. Allo stato, il vaccino sembra l’unica soluzione percorribile e definitiva per consentire finalmente la ripresa di un’attività che non può essere messa in un angolo, in attesa di tempi migliori.

È ora che le istituzioni si uniscano per dare un segnale forte ai cittadini perché – non mi stancherò mai di dirlo – noi avvocati rappresentiamo i cittadini e i loro diritti. E uno Stato che non si prende cura dei diritti dei cittadini e della tutela della legalità è uno Stato che ha già perso in partenza. Soprattutto in certe aree del paese e del Mezzogiorno ciò potrebbe dare una mano alla diffusione dell’illegalità e della criminalità di ogni genere, anche di quella mafiosa e camorristica.