Con l’affievolirsi dei sintomi causati dal covid, per via di una variante, Omicron, molto contagiosa ma meno aggressiva delle sue antenate, l’attenzione della comunità scientifica è passata dalle cure ospedaliere a quelle domiciliari. Il Corriere della Sera ha dedicato un articolo all’argomento, cercando di capire meglio quali sono i farmaci che vengono utilizzati oggi per curare i casi di covid fra le mura domestiche. Per tutti coloro che sono asintomatici o paucisintomatici, quindi con lievi sintomi, il trattamento per la stragrande maggioranza si basa su paracetamolo o Fans (farmaci antinfiammatori non steroidei) nel caso di febbre o dolori. Se a prendere il covid sono dei soggetti fragili, soprattutto con patologie pregresse come diabete o obesità, ma anche pazienti oncologici e trapiantanti, o semplicemente per via dell’età, si utilizzano solitamente farmaci appositi contro il covid, quindi antivirali e anticorpi monoclonali. I primi bloccano la replicazione del virus, mentre i monoclonali permettono al paziente di avere una barriera difensiva attiva.
Attualmente gli antivirali usati in Italia sono il remdesivir, molnupiravir, nirmatrelvir/ritonavir (possono tutti essere presi a domicilio tranne il primo, che deve essere somministrato in ospedale per via endovenosa), sono efficaci anche contro gli ultimissimi ceppi del covid, ma devono essere prescritti entro un massimo di 7 giorni dall’insorgere dei primi sintomi: «Molnupiravir (Veklury), primo farmaco per via orale approvato dalle Agenzie regolatorie, agisce provocando errori nella replicazione dell’Rna virale – le parole di Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e professore chiara fama di Nefrologia all’Università degli Studi di Milano – la sua efficacia negli studi si è attestata al 30%. Dà migliori risultati il combinato nirmatrelvir/ritonavir (Paxlovid) che agisce sulla polimerasi virale, area altamente conservata sia in Sars-CoV-2 che in molti altri coronavirus».
COVID E OMICRON, COME CURARSI A CASA: “LA RICERCA SUI MONOCLONALI PROSEGUE…”
Per quanto riguarda invece gli anticorpi monoclonali: «La ricerca va avanti – prosegue Remuzzi – in un lavoro pubblicato sul New England Journal of Medicine vengono illustrati i risultati promettenti di un mix di due anticorpi monoclonali prodotto da AstraZeneca. Inoltre sono in corso studi su farmaci già noti che potrebbero bloccare la proteasi responsabile dell’ingresso della proteina Spike nelle cellule: camostat mesilato e bromexina. Servono però ulteriori indagini».
Gli antivirali per via orale, che sono destinati a soggetti non ricoverati e che non richiedono ossigenoterapia, ma a rischio per via di vari fattori. «Si tratta di medicinali da usare con attenzione — precisa Patrizia Rovere-Querini, immunologa e responsabile dell’hot spot Covid-19 dell’Ospedale San Raffaele Turro di Milano —: Paxlovid per esempio può interagire con farmaci molto diffusi come anticoagulanti, antiaritmici, cortisone e statine. Inoltre è controindicato nei casi di compromissione renale o epatica. Un’alternativa possibile è remdesivir».