Anche Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti avrebbero contribuito a diffondere disinformazione sul Covid su Twitter nei primi mesi della pandemia. Lo rivelano i Twitter Files, una serie di documenti interni del social network resi pubblici tramite il giornalista statunitense Matt Taibbi. L’accusa arriva da un report del Global Engagement Center (GEC), agenzia del Dipartimento di Stato Usa creata nel 2016 dall’amministrazione Obama per combattere la propaganda online di organizzazioni terroristiche come l’Isis. Poi la missione si è allargata fino a includere la lotta ad ogni forma di disinformazione che minaccia la sicurezza e gli interessi degli Stati Uniti e dei loro alleati.



Tale report risale all’aprile 2020, quando l’amministrazione Trump era agli sgoccioli, mentre in Italia governava Giuseppe Conte in una coalizione che comprendeva anche il Pd all’epoca guidato da Nicola Zingaretti, che era anche governatore della Regione Lazio. Questo documento sostiene di aver esaminato 18 account Twitter collegati alla Russia, senza precisare in base a quali criteri vengano bollati come tali. Viene indicato, ad esempio, l’economista italiano Vladimiro Giacché. Non sono disponibili, come evidenziato dal Fatto Quotidiano, neppure dati per i quali sono indicati come disinformatori Conte e Zingaretti, insieme a Francesca Titolo, collaboratrice de Il Primato Nazionale, testata di estrema destra, con l’allora deputato della Lega Claudio Borghi.



TWITTER FILES, CONTE E ZINGARETTI DISINFORMATORI? MA MANCANO DATI…

Nel report pubblicato dai Twitter files viene citato un utente che, sebbene abbia pubblicato notizie accurate sul Covid, ha anche condiviso «contenuti che attaccano i politici italiani, l’Unione europea e gli Stati Uniti». Allora perché includerlo tra i disinformatori? Il Fatto Quotidiano ha contattato il Dipartimento di Stato Usa chiedendo spiegazioni sul report che cita, tra gli altri, Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti come diffusori di disinformazione e legati alla Russia, ricevendo una risposta dal portavoce. Questi ha spiegato che la missione del GEC è «riconoscere, capire e combattere la propaganda e la disinformazione di Stati e organizzazioni non statali straniere». Quando è iniziata la pandemia Covid sono state identificate operazioni di «influenza maligna, in modo particolare della Russia e della Cina, secondo cui il virus era stato creato dagli Stati Uniti. Il GEC ha lavorato per capire meglio come i media russi e cinesi traessero vantaggio dall’incertezza e dalla confusione che derivava da una crisi globale, diffondendo ulteriore disinformazione e propaganda». Inoltre, ha precisato che il GEC «non dice ai social media cosa devono fare. I social media e le piattaforme sviluppano e applicano i loro termini di servizio e le loro decisioni sono indipendenti». Ma quando il Fatto ha chiesto di rispondere alle sue domande in modo specifico, la risposta è stata: «Non abbiamo nulla da aggiungere».

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