La pandemia di Coronavirus ha messo a dura prova i sistemi sanitari e i modelli di protezione sociale a livello mondiale. Nonostante diversi Paesi abbiano adottato approcci differenti nell’affronto e gestione della pandemia (con risultati più o meno positivi), questa ha spesso evidenziato e amplificato problemi e sfide già esistenti nei sistemi sanitari, quali l’accesso ai servizi, la qualità delle cure erogate e le disuguaglianze territoriali, per citarne solo alcuni.
In questo senso, e in modo purtroppo drammatico, la pandemia può rappresentare un’opportunità per l’affronto di questi problemi.
Certamente le sfide da affrontare per migliorare la sanità sono molteplici ed estremamente complesse (alcune di queste sono state discusse proprio in queste pagine), ma in questa sede si vuole brevemente evidenziarne alcune, che la pandemia ha amplificato, e che hanno una rilevanza che va oltre l’aspetto “sanitario” in senso stretto e possono riguardare, in un modo o nell’altro, tutte le persone.
1. La prima, che può sembrare rilevante solo per gli addetti ai lavori, riguarda la questione dell’utilizzo dei dati e della loro comparabilità a livello internazionale. In questi mesi siamo stati inondati da una molteplicità di dati su base giornaliera e si è sentito spesso affermare che le scelte e le decisioni debbano essere “data-driven”, cioè guidate dai dati. Nonostante sia innegabile l’importanza dei dati nell’informare i processi decisionali, il problema riguarda la qualità di questi dati, la chiarezza sulla modalità con cui sono stati calcolati e la loro comparabilità a livello internazionale.
Si pensi ai dati sulle infezioni, sulle comorbilità, sull’eccesso di mortalità, ecc.: in base a quali criteri/variabili sono stati calcolati questi dati? Sono stati calcolati in modo simile in Paesi diversi? Quanto influiscono le condizioni specifiche della popolazione di riferimento (a livello epidemiologico, socio-economico, etc.) o contestuali (ad esempio modalità di accesso ai servizi sanitari) sui risultati?
Questa tema non è di pertinenza esclusiva di scienziati o ricercatori ma è di interesse generale dal momento che, una volta diffusi e utilizzati, questi dati influiscono non solo sulle scelte politiche o socio-economiche di un Paese, ma anche sulle scelte individuali di ciascuno (si pensi per esempio alla compliance individuale con misure quali l’utilizzo delle maschere o il distanziamento sociale). Chiarezza, trasparenza e comparabilità dei dati sono dunque elementi essenziali per comprendere i fenomeni in atto e per informare scelte e comportamenti.
2. La seconda sfida riguarda il rapporto tra sistemi sanitari/misure di sanità pubblica e comportamenti individuali. Come si è visto chiaramente in questi mesi di pandemia, l’impatto di molte misure di contenimento adottate (come i lockdowns o il distanziamento sociale) è correlato all’attitudine e alla compliance delle persone che, a sua volta, è correlata a fattori contestuali (culturali, socio-economici, ecc.), alle strategie di comunicazione intraprese dai governi e agli stili di leadership. L’esistenza di messaggi contraddittori, la mancanza di una strategia chiara di medio-lungo termine, l’esistenza o meno di misure economiche a supporto dei redditi hanno avuto un profondo impatto sui comportamenti individuali e di gruppo. Tali comportamenti sono determinanti per garantire l’efficacia delle misure di sanità pubblica come le vaccinazioni, la riduzione della trasmissione del virus, ecc.
Ma questo discorso riguarda molti altri aspetti dell’interazione tra individui, sistema sanitario e stato di salute individuale e collettivo: si pensi agli stili di vita, alla corretta esecuzione delle terapie mediche e farmacologiche, all’accesso ai servizi sanitari, all’adesione alle misure di prevenzione sanitaria come gli screenings, ecc. In sanità è fondamentale sviluppare sinergia, fiducia e collaborazione tra diversi enti e attori che a diverso titolo si interfacciano con il sistema sanitario affinché le politiche messe in atto possano ottenere i migliori risultati possibili.
3. La terza sfida, collegata alla precedente, riguarda l’aspetto delle health inequalities e dei social determinants of health, cioè delle diseguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari e nello stato di salute della popolazione e delle loro cause. Anche in questo caso, la pandemia ha amplificato l’esistenza di queste diseguaglianze e il loro impatto sullo stato di salute di diversi gruppi sociali. Se infatti la pandemia ha riguardato chiunque, diversi studi evidenziano come la mortalità, il tasso di infezioni, le conseguenze socio-economiche della pandemia e altro ancora hanno avuto un impatto maggiore su alcuni gruppi sociali rispetto ad altri. Le condizioni di vita, il contesto abitativo, il livello di istruzione, la presenza di fattori di rischio predisponenti l’insorgenza di malattie croniche, le condizioni di lavoro, la vicinanza geografica a strutture sanitarie sono tutti fattori socio-economici (non solo sanitari) che influiscono sui comportamenti e che hanno una correlazione diretta con un rischio maggiore di cattiva salute.
Spesso tali diseguaglianze potrebbero essere evitate (o almeno ridotte) intervenendo sulle loro cause, al fine di bloccare quel circolo vizioso per il quale i fattori socioeconomici hanno un impatto negativo sullo stato di salute che, a sua volta, genera un impatto negativo sullo stato socioeconomico di un Paese (si pensi ad esempio all’impatto dello stato di salute della popolazione sulla spesa sanitaria, sulla produttività, sulla coesione sociale, ecc.). Lo sviluppo di politiche pubbliche tese a ridurre queste ineguaglianze diventa quindi un elemento essenziale per promuovere il miglioramento dello stato di salute della popolazione, soprattutto in quei Paesi (come l’Italia) con un sistema sanitario fondato sull’universalità dell’assistenza sanitaria, sulla solidarietà finanziaria tramite tassazione generale e sulla parità di accesso alle cure.
4. Infine, la quarta sfida riguarda i modelli di governance dei sistemi sanitari e, più in generale, gli assetti politici e istituzionali dei Paesi. Questi riguardano, ad esempio, le relazioni e la distribuzione del potere decisionale tra i diversi attori politico/istituzionali, i processi decisionali, l’esistenza e il grado di condivisione di norme sociali, gli stili di leadership e il grado di centralismo o decentramento politico e amministrativo.
Quest’ultimo punto è particolarmente rilevante perché riguarda direttamente la governance dei sistemi sanitari, anche quelli molto simili tra di loro. Prendiamo il caso dell’Italia e della Gran Bretagna: i sistemi sanitari dei due paesi si assomigliano molto (sistemi sanitari universali finanziati tramite fiscalità generale) ma quello inglese ha un modello di governance più centralizzato rispetto a quello italiano che invece prevede un ruolo chiave delle Regioni nell’organizzazione ed erogazione dei servizi sanitari. È interessante notare come, durante la pandemia, siano state mosse critiche al sistema inglese per via dell’eccessivo accentramento del potere decisionale mentre in Italia sia avvenuto esattamente l’opposto, ovvero critiche all’eccessiva decentralizzazione e conseguenti differenze nelle risposte regionali alla pandemia. Il tema è complesso e non può essere affrontato in poche righe: qui si vuole evidenziare come i sistemi di governance siano importanti per comprendere le scelte intraprese dai diversi Paesi e la loro implementazione.
Occorre valutare attentamente tutti questi elementi contemporaneamente e in chiave comparata per provare a capire punti di forza e di debolezza dei diversi modelli e quali best practices posano essere adottate in contesti diversi (tenendo conto delle specificità contestuali di ogni Paese).
In conclusione, la pandemia ha avuto (e continua ad avere) un impatto drammatico sula vita delle persone e sui sistemi sanitari di tutto il mondo. Bisogna sperare che, avendo evidenziato in modo ancora più netto alcune sfide e problemi già esistenti, non si perda l’occasione di affrontarle senza perdere tempo prezioso.
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