Grande è la preoccupazione dei genitori (ma anche degli insegnanti) in vista delle riaperture delle scuole. Come ci ha detto in questa intervista il dottor Alberto Oliveti, medico pediatra, “ricordiamoci che siamo davanti a una malattia che non conosciamo”, aggiungendo che “purtroppo non c’è nessun riferimento consolidato da prendere per modello”. Bisogna fidarsi del buon senso e delle misure prese in atto fino a oggi, tenendo anche conto, come dice un recente studio dell’Università di Liverpool insieme a quella di Edimburgo, che la percentuale di bambini colpiti dal virus è bassissima e quasi mai letale, se non in caso di malattie pregresse. Il problema è un altro, ci ha detto Oliveti: “i bambini possono essere portatori a loro insaputa del virus e diffonderlo presso i familiari”.
Uno studio inglese rassicura che il ritorno a scuola potrebbe essere meno drammatico del previsto. Sarà così?
È così, il virus non è particolarmente aggressivo verso i bambini. Possono avere qualche complicanza respiratoria i bambini che ne hanno già avute, come quelli asmatici che vanno seguiti con maggior attenzione. Il problema per i bambini non dovrebbe essere particolarmente grave, però dobbiamo ricordarci che stiamo parlando di una malattia che non conosciamo. Forse il vero problema della scolarità è di essere uno straordinario vettore di contagio.
Cioè? Ci spieghi.
I bambini tornano a casa e si trovano genitori e nonni. Possono essere portatori di contagio. Mentre per loro la patologia decorre in modo inconsistente, quando addirittura inavvertita, la contagiosità segue un’altra linea.
Questo vale anche per gli insegnanti, no?
Ovviamente. Però l’insegnante essendo più adulto ha una maggior possibilità di avere i sintomi mentre il bambino la passa in maniera inavvertita.
Le misure che si stanno prendendo nelle scuole di vario grado le sembrano sufficienti?
Purtroppo non c’è nessun riferimento consolidato da prendere a modello per poter dire di essere nel giusto, di non avere deficit di sicurezza. Sono modelli di buon senso: il distanziamento è positivo così come secondo me lo è l’uso della mascherina, il lavaggio frequente delle mani è necessario. Bisogna tenere a mentre “le tre T” e cioè tentare, trattare e testare. Sono riferimenti di buon senso che mi sento di condividere.
In molti adulti protestano per l’uso della mascherina a scuola. Che ne pensa?
La mascherina ha una funzione di riduzione della carica virale. Si può fare l’esempio della squadra che attacca e quella che difende. Una cosa è se mi attaccano in 50, diverso se lo fanno in 50mila: la carica virale viene ridotta dalla mascherina e dal distanziamento. Una cosa poi è se si fanno classi di sei bambini e una se i bambini sono 25. Certo non è bello pensare a dei bambini con la mascherina, ma credo sia un male minore rispetto al rischio di diffondere il contagio. Soprattutto, il male peggiore sarebbe bloccare il percorso di istruzione.
Uno studio americano pubblicato qualche giorno fa sul Journal of Pediatrics ammoniva invece sul fatto che bambini e adolescenti possono avere una carica virale superiore a quella di un adulto sintomatico. È un dato che trova conferma in Italia?
Il modello di malattia è ancora troppo recente per fare riferimenti così precisi. La frontiera della scienza più avanzata porta avanti risultati che vanno comunque consolidati. Ho letto anche io questa notizia, ma sinceramente non riesco a comprendere come un bambino possa sviluppare una carica virale maggiore di un adulto. Il bambino può essere più diffusivo perché gira libero dappertutto, ma è un dato che merita di essere oggetto di una metanalisi più approfondita.
In conclusione possiamo dire ai genitori di stare tranquilli in vista della riapertura delle scuole?
L’obbiettivo è quello di non bloccare il percorso formativo ed educativo. Si stanno mettendo in atto le misure migliori per ridurre la carica virale e altri accorgimenti per diagnosticare e soprattutto tracciare i bambini colpiti, che possono essere diffusori straordinari. La cosa più importante è salvare il percorso educativo per tutti, altrimenti avremmo dei bambini che lo proseguono e altri no, e si creerebbe una diseguaglianza sociale drammatica.
(Paolo Vites)