Grazie ad una nuova ricerca condotta dagli scienziati del National Institutes of Health è stato possibile scoprire che alla base dell’alta infettività delle nuove varianti del Covid-19 c’è un processo enzimatico ben chiaro che però, stando ai risultati dello studio, potrebbe essere limitato. Come riferito degli studiosi, che sono stati guidati da Kelly Ten Hagen, l’infezione parte attraverso delle mutazioni che hanno reso ancor più semplice attaccare la proteina spike, che il virus usa per entrare nelle cellule.
Rena D’Souza, direttore del NIDCR (National Institute of Dental and Craniofacial Research), ha sottolineato che il nuovo studio pubblicato negli Atti della National Academy of Sciences “offre nuove informazioni sulla maggiore infettività delle varianti alfa e delta e fornisce un quadro per lo sviluppo di terapie future”. Infatti la ricerca ha dimostrato che il virus per entrare nelle cellule umane ha bisogno di tagliare o scindere la proteina spike a partire dall’enzima furina. Nelle varianti alfa e delta, le mutazioni della proteina sembrano aumentare la scissione della furina, che si pensa renda il virus più efficace nell’entrare nelle cellule.
Proteina spike, processo enzimatico può fermare infettività
Secondo quanto riferito dagli studiosi sarebbe però possibile ridurre la scissione della proteina spike e limitare quindi l’ingresso e la violenza del virus nelle cellule. Tutto ciò sarebbe possibile grazie all’aggiunta di molecole di zucchero voluminose, un processo effettuato da enzimi chiamati GALNT, vicino al sito di scissione. Il team di Ten Hagen si è chiesto se questo accade alla proteina spike SARS-CoV-2 e, in tal caso, se cambia la funzione della proteina. Per scoprirlo, gli scienziati hanno studiato gli effetti dell’attività di GALNT sulla proteina spike nelle cellule dei moscerini della frutta e dei mammiferi. Gli esperimenti hanno mostrato che un enzima, GALNT1, aggiunge zuccheri alla proteina spike di tipo selvatico e questa attività riduce la scissione della furina.
“I nostri risultati indicano che le mutazioni alfa e delta superano l’effetto di smorzamento dell’attività di GALNT1, che può aumentare la capacità del virus di entrare nelle cellule”, ha affermato Ten Hagen. Queste affermazioni sono state possibili grazie ad ulteriori esperimenti che hanno supportato l’idea che l’attività di GALNT1 spike nel virus di tipo selvaggio e che le mutazioni alfa e delta superano questo effetto, consentendo alla scissione della furina di non essere controllata. Per vedere se questo processo potrebbe verificarsi anche nelle persone, il team ha analizzato l’espressione dell’RNA nelle cellule di volontari sani. I ricercatori hanno trovato un’ampia espressione di GALNT1 nelle cellule del tratto respiratorio inferiore e superiore che sono suscettibili all’infezione da SARS-CoV-2, indicando che l’enzima potrebbe influenzare l’infezione nell’uomo. Gli scienziati hanno teorizzato che le differenze individuali nell’espressione di GALNT1 potrebbero influenzare la diffusione virale.