In Francia l’ondata della variante Omicron “segna il passo nelle regioni dove si è manifestata per prima, soprattutto nell’Ile-de-France”, mentre la Delta è “in forte arretramento”, tuttavia – secondo il premier transalpino Jean Castex – la situazione pandemica, che pure “sta evolvendo”, resta “ancora grave”.
Nella stessa conferenza stampa Castex ha annunciato che a partire da febbraio la Francia abolirà la “maggior parte delle restrizioni”. Intanto da domani, 24 gennaio, entrerà in vigore il super Green pass, che sarà accessibile a chi si vaccinerà per la prima volta entro il 15 febbraio, anche in assenza delle altre dosi. Poi, dal 2 febbraio cadrà l’obbligo di indossare la mascherina negli spazi aperti e non saranno più obbligatori i 3 giorni di smart working alla settimana.
E dal 16 febbraio riapriranno le discoteche e sarà alleggerito il protocollo nei bar, negli stadi, nei cinema e nei trasporti. “Macron – spiega Francesco De Remigis, inviato a Parigi de Il Giornale – sta gestendo la comunicazione in modo che passi il messaggio che lui riapre al più presto, se possibile, ma se non si riesce è sostanzialmente a causa dei pochi non vaccinati, circa 4 milioni di francesi. E i sondaggi lo confortano, è al 24% circa”.
Anche la Francia ha approvato il super Green pass. Che cosa prevede?
Sarà necessario per accedere ad attività ricreative, ristoranti e locali in genere; fiere, meeting e trasporti pubblici interregionali. “Tutti i francesi dai 16 anni in su devono fornire la prova di un programma vaccinale completo per andare al ristorante, al teatro, allo stadio o prendere un Tgv”, ha spiegato il premier Castex. Non basterà più un test negativo. Gli unici luoghi dove non sarà chiesto il pass vaccinale sono ospedali, case di riposo e strutture medico-sociali, studi di psicologia, centri di aiuto.
E per chi dovesse ammalarsi?
Il pass si ottiene anche se si è in possesso di un certificato di guarigione dal Covid -19 da almeno 11 giorni e meno di sei mesi o di un certificato di controindicazione alla vaccinazione. Dal 15 febbraio, sarà necessario eseguire la dose di richiamo a quattro mesi – e non più 7 – dopo la seconda dose affinché il pass rimanga valido.
Il voto è arrivato dopo una decina di giorni di dibattito parlamentare e i deputati socialisti hanno voluto sottoporre il testo al Consiglio costituzionale affinché fosse garantito il rispetto delle “libertà fondamentali”. E’ una legge divisiva? Ha rischiato quindi di saltare?
C’è stato un ritardo, doveva partire il 15 gennaio. Venerdì la Corte ha dato il via libera, sarà in vigore da lunedì con buona pace delle opposizioni secondo cui il “super Green pass” viola le libertà fondamentali senza che il governo abbia dimostrato la sua efficacia nel frenare la diffusione dell’epidemia. La scelta di introdurlo, certo, ha diviso.
Perché è un obbligo mascherato?
Sì, ma ha diviso anche per le eccezioni relative a chi cominciava il percorso di vaccinazione in questi giorni. Alle persone che ricevono la prima dose prima del 15 febbraio verrà infatti assegnato il pass a condizione di effettuare la seconda dose entro 28 giorni e presentare un test negativo entro 24 ore. Questo è stato il compromesso. Per i ragazzi di età compresa tra i 12 e i 15 anni resta in vigore il pass sanitario che si ottiene anche con tampone negativo.
Non solo l’adozione del nuovo pass vaccinale è arrivato dopo un acceso dibattito parlamentare, ma due tribunali hanno bloccato due decreti della prefettura che obbligavano all’uso della mascherina all’aperto e la scuola ha protestato vivacemente contro i protocolli sanitari anti-Covid. La strategia di contrasto alla pandemia adottata dal governo non sembra molto efficace e condivisa. E’ così? Come viene valutata dall’opinione pubblica francese?
Andiamo per gradi, partendo dalla scuola. Tre protocolli in dieci giorni da inizio 2022. C’è stato un cortocircuito evidente, rispetto alla gestione invidiabile dei mesi scorsi.
Il motivo?
E’ legato anche alla scelta discutibile del ministro dell’istruzione Blanquer di andarsene 4 giorni in vacanza a Ibiza a Capodanno, con la scuola che aspettava le sue linee guida per riaprire il 3 gennaio. Ha riaperto, ma è stato un caos. Mancavano le Ffp2, che sono arrivate dopo una settimana e mezzo. Poi è esploso il caso-Ibiza, pochi giorni fa, quando si è scoperto che mentre i genitori di 2 milioni di bambini e ragazzi aspettavano di capire come, e se, si sarebbe rientrati in classe il ministro se ne stava tra baie e insenature alle Baleari.
E sulle decisioni dei tribunali sulle mascherine all’aperto?
Era abbastanza ovvio che l’obbligo del tutto generale di indossarle in tutta Parigi, anche nei momenti in cui le strade sono deserte, era manifestamente sproporzionato e non poteva essere interpretato in quel modo. Ma è servito per far capire l’aria che tirava con Delta… Ha funzionato, credo. Anche perché Macron ha sempre lasciato la patata bollente ai prefetti, a loro il potere di togliere o mettere l’obbligo. E non si sono visti gendarmi inseguire chi portava a spasso il cane… Molto più dura è stata sopportare la chiusura delle discoteche e il divieto di ballo nei locali durante le feste, ma almeno è stato dichiarato per tempo dal governo, a inizio dicembre, in vista del Capodanno.
Macron ha promesso di voler sempre più “rompere le palle” (“emmerder”) ai non vaccinati per indurli all’immunizzazione: secondo lui sono degli «irresponsabili» e non possono essere considerati «cittadini» della repubblica francese perché mettono a rischio la «solidità della nazione». Perché questo cambio di tono? Riuscirà nel suo intento? Ed è una strategia che può pagare anche in termini di consenso elettorale, in vista delle prossime presidenziali di aprile?
In termini di provocazione, ha funzionato. Nel senso che dalla sua dichiarazione si registrano in media +200mila prime vaccinazioni a settimana. Anche in termini di consenso mi pare possa funzionare. Macron sta gestendo la comunicazione in modo che passi il messaggio che lui riapre al più presto, se possibile, ma se non si riesce è sostanzialmente a causa dei pochi non vaccinati, circa 4 milioni di francesi. Non a caso, l’affaire Blanquer sembra che lo abbia fatto imbestialire, perché ha messo in imbarazzo tutto il governo… I sondaggi lo confortano, è al 24% circa.
Com’è oggi la situazione in Francia di vaccinazioni, contagi, ricoveri e decessi?
La situazione negli ospedali è sotto controllo, con 3.842 pazienti in rianimazione attualmente, compresi i 301 ingressi nelle ultime 24 ore, rispetto ai 28mila pazienti Covid ospedalizzati. I contagi sono stati 425mila in un giorno, ma come sappiamo positivo non vuol dire malato, quindi il governo non è preoccupato di numeri così apparentemente alti. I morti nelle ultime 24 ore sono stati 251, mentre siamo a 33 milioni di francesi che hanno ricevuto la dose booster di vaccino; circa 54 milioni di francesi hanno avuto almeno una dose, 52 anche la seconda.
La Omicron sta mettendo in ginocchio anche l’economia francese?
Omicron divide gli scienziati francesi. Medici, epidemiologi e infettivologi da giorni danno visioni diverse. Ma il governo è molto ottimista, tanto che giovedì sera Jean Castex e Olivier Véran, premier e ministro della Sanità, hanno annunciato in conferenza stampa che dal 2 febbraio non sarà più obbligatorio il telelavoro; via le mascherine all’aperto nei centri storici, dove previsto, e via gradualmente tutte le restrizioni. Poi, il 16 febbraio, potranno riaprire le discoteche e il protocollo sarà alleggerito nei bar dove si potrà tornare a consumare al bancone, negli stadi, nei cinema e nei trasporti.
Il governo ha previsto interventi particolari a favore della ripresa e per venire incontro ai settori e alle imprese in difficoltà?
Sui cosiddetti ristori, il governo sta ancora una volta modificando l’accesso agli aiuti per le imprese colpite. L’ultimo annuncio parla di un rafforzamento per le aziende del settore alberghiero, bar, ristorazione, catering, eventi e agenzie di viaggio con meno di 250 dipendenti. Se perdono almeno il 30% del loro fatturato, avranno diritto a un’assistenza per il pagamento dei contributi previdenziali dei dipendenti che rappresentano il 20% della busta paga. Se la perdita raggiunge il 65%, avranno anche diritto all’esenzione dai contributi del datore di lavoro. Altri aiuti sono stati riattivati, rafforzati o lanciati per le aziende interessate dalle restrizioni sanitarie. In particolare, settore sportivo e culturale, con due tipologie: una che va a coprire i costi fissi e un’altra di compensazione per il mancato fatturato, che va dimostrato e di conseguenza “rimborsato” dallo Stato caso per caso.
(Marco Tedesco)
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