All’inizio dell’emergenza Covid non c’erano né vaccini né farmaci antivirali. Ora ci sono entrambi, eppure si continuano a prescrivere gli antibiotici. A segnalarlo è Andrea Gori, primario di malattie infettive al Policlinico di Milano e professore all’università statale. “Contro il Covid abbiamo farmaci efficaci. Per i pazienti fragili dovremmo usarli di più”, dice a Repubblica. Sta iniziando a prender piede tra i medici di medicina generale l’idea di prescriverli, ma delle 600mila confezioni acquistate a gennaio, in Italia ne sono state usate in sei mesi 52.389. Peraltro, alcune hanno scadenza alla fine dell’anno. “Sono farmaci nuovi, bisogna imparare a conoscerli. Sono tanto più efficaci quanto prima vengono assunti. Prevengono i sintomi gravi del Covid, per questo sono indicati ai pazienti anziani e fragili”, aggiunge Gori.
Inoltre, spiega che ce ne sono di tre tipi. C’è Paxlovid, che è facile da assumere, in 5 giorni. “L’ostacolo è che interagisce con molti altri farmaci, ed è normale che pazienti anziani e fragili assumano regolarmente una lunga lista di medicine”. Il secondo è Remdesivir, che invece va somministrato in ospedale, con un’iniezione endovena per tre giorni consecutivi. “Portare in ambulatorio persone anziane, malate e pure contagiose può non essere semplice”. La terza opzione tra i farmaci antivirali è Molnupiravir, che può essere preso a casa, ma ha un’efficacia bassa.
“NON CAPISCO PERCHÈ SI USANO ANTIBIOTICI…”
Ci sono però medici di famiglia che negano gli antivirali e continuano a prescrivere antibiotici ai pazienti affetti da Covid. “No, gli antibiotici non andrebbero prescritti per una malattia virale, e nemmeno i cortisonici nella fase iniziale”, dice a Repubblica, ricordando che è indicato in tutte le linee guida. “Non capisco perché la pandemia abbia fatto aumentare tanto la vendita di antibiotici”. Ma per allargare l’uso dei farmaci antivirali si è deciso di consentire la prescrizione anche alla guardia medica e ai medici di pronto soccorso, così il paziente può ritirarli in farmacia. Non si può neppure avere paura degli effetti collaterali. “Non ne vediamo di importanti. Un po’ di disordine intestinale e un certo sapore metallico in bocca nei primi due giorni. In compenso la replicazione del virus si abbatte. I miglioramenti sono repentini”. La situazione nel frattempo è cambiata.
Le polmoniti che causano insufficienza respiratoria grave “ormai sono rare”. Quindi, ora il coronavirus “uccide indirettamente le persone molto fragili, in cui tre giorni di febbre a 39 rompono un equilibrio che non recuperi più”. Per loro i farmaci antivirali “sono importantissimi”, così come la quarta dose. “Nei pazienti particolarmente fragili lo specialista può prendere in considerazione anche degli anticorpi monoclonali usati per prevenire il contagio”. Il riferimento è a Evusheld. Ci sono però dei casi in cui il virus si è ripreso dopo cinque giorni di cura con gli antivirali. “Vuol dire che c’è qualcosa da rivedere nel dosaggio. Negli Stati Uniti c’è chi pensa di allungare la prescrizione di uno o due giorni”.