Quali sono i giorni in cui i pazienti covid sono più contagiosi? La risposta arriva da una ricerca effettuata su 9.000 persone e da cui si è appunto scoperto quali siano i giorni in cui un infetto è al massimo della sua contagiosità. A spiegare nel dettaglio l’argomento è il Corriere della Sera che ha citato uno studio molto importante pubblicato sul Jama Internal Medicine e condotto da Leonardo Martinez, ricercatore della Boston University School of Public Health (BUSPH): secondo lo stesso le persone che hanno il covid sarebbero più infette e quindi contagiose due giorni prima l’arrivo dei sintomi e tre giorni dopo la loro comparsa, di conseguenza, nei cinque giorni a cavallo fra l’insorgere della malattia e la sua definitiva esplosione.



Sempre attraverso questa ricerca si è scoperto che le persone avevano maggiore possibilità di essere asintomatiche se contagiate da un caso primario, ovvero, la prima persona che di solito viene infetta da un focolaio, che sia però anch’esso asintomatico. Come detto sopra, in totale sono stati studiati 9.000 contatti stretti di un gruppo di 730 pazienti contagiati nella provincia cinese di Zhejiang, nel periodo che va da gennaio 2020 ad agosto dello stesso anno. Per contatti stretti si è inteso tutte quelle persone che vivevano nella stessa famiglia del paziente e che hanno cenato assieme con lui, ma anche colleghi di lavoro e il personale sanitario degli ospedali.



COVID, I GIORNI PIU’ CONTAGIOSI: “I TEMPI DI ESPOSIZIONE SONO IMPORTANTI PER LA TRASMISSIONE DEL VIRUS”

Gli individui sono stati poi tenuti sotto stretta osservazione per circa 90 giorni dopo che il tampone è risultato positivo, di modo da distinguere i casi asintomatici da quelli presintomatici. In seguito gli scienziati hanno studiato i tempi con cui i contatti stretti si ammalavano, e ne è risultato che la gran parte dei contagi avveniva appunto nei giorni indicati sopra, quindi, poco prima la comparsa dei sintomi e subito dopo.

In totale sono stati sviluppati sintomi lievi o moderati nell’89% dei casi, mentre nell’11% dei casi si è sviluppata una forma di covid asintomatica, quindi senza alcun sintomo grave. Famigliari e colleghi dei casi primari hanno inoltre avuto tassi di infezione più elevati rispetto agli altri contatti stretti. «I nostri risultati – ha concluso Leonardo Martinez, commentando la ricerca del suo gruppo – suggeriscono che i tempi di esposizione sono importanti per la trasmissione del virus, e questo fornisce ulteriore evidenza del fatto che i test rapidi e la quarantena dopo che qualcuno è stato male sono un passo cruciale per controllare l’epidemia».