Si parla già di “modello Austria” per la severità delle misure draconiane anti-Convid adottate, ma sarebbe un modello da non imitare, soprattutto per le cause che hanno determinato l’attuale situazione. l’Austria è il paese in Europa con il più basso tasso di vaccinazioni completate (due dosi), pari al 66% della popolazione.



I dati parlano di 15.809 nuovi casi il 19 novembre, con una media di 13.189 negli ultimi 7 giorni; e una curva che ha iniziato ad impennarsi dopo il 20 ottobre. Quanto ai decessi, risultavano essere 48 il 19 novembre, 44 in media negli ultimi 7 giorni. Da lunedì il paese entra in lockdown per 20 giorni e il governo introdurrà l’obbligo vaccinale dal 1° febbraio 2022. Per tutta risposta, ieri in 30mila sono scesi in piazza. “L’Austria ha trascurato il principio di precauzione” – spiega al Sussidiario Paolo Quercia, analista di politica estera ed attento osservatore del paese transalpino.



“Non credo che il paese sia sull’orlo di un disastro sanitario. Credo piuttosto che siamo giunti al bilanciamento di provvedimenti non presi in passato a causa di un certo lassismo del governo e dell’indifferenza della popolazione rispetto alla questione Covid”.

Prima il governo ha annunciato un modello singolare di lockdown solo per i non vaccinati. Poi hanno pensato di mandare in lockdown le due regioni con i maggiori contagi. Ed ora, con le misure di venerdì, sono il primo Paese a tornare in lockdown totale e addirittura ad introdurre l’obbligo vaccinale. Che sta succedendo in Austria?



È segno di una gran confusione sotto il cielo delle politiche europee di contrasto al Covid, ma anche nella stessa politica austriaca. L’Austria è il Paese che mi pare abbia fatto il maggior salto, da una linea di estrema rilassatezza ad una di estrema rigidità. Girando per il Paese qualche mese fa era piuttosto evidente che le cose sarebbero andate non bene in autunno.

Quali erano gli indizi?

Pensi che sono stato redarguito dai camerieri per usare la mascherina per arrivare al tavolo in pizzeria. Si percepiva una sorta di superiorità o di fastidio verso le misure di protezione nella popolazione. Poi la situazione ha iniziato a peggiorare sopratutto in due Land al confine con la Baviera, l’Alta Austria e Salisburgo. C’è stato un braccio di ferro tra Stato centrale e Regioni. Il primo voleva chiudere le regioni con troppi contagi, le seconde resistevano. Alla fine si è fatto il compromesso. Lockdown breve per tutti, per tutte le regioni e progressivamente introduzione di obbligo vaccinale.

E l’idea del lockdown per i non vaccinati?

Sì, c’è stata anche quella… onestamente a mio avviso è un’idea un po’ strana, forse più uno slogan politico prodotto dalle incaute dichiarazioni del ministro tedesco della Salute sulla cosiddetta pandemia dei non vaccinati, concetto sui generis, visto che la pandemia ha per definizione caratteri ampi e globali. Ad ogni modo non escluderei che l’idea possa essere ripresa più avanti. Ora in Austria ci saranno 20 giorni di lockdown per tutti ma poi, dal 13 dicembre, le riaperture potrebbero essere graduali, riaprendo inizialmente solo ai vaccinati.

L’altra idea forte che proviene dall’Austria è quella dell’obbligo vaccinale. Crede che sarà applicata e che gli austriaci si lasceranno imporre il vaccino?

Bella domanda. Secondo me c’è una buona dose di propaganda nella dichiarazione che dal 1° febbraio verrà introdotto l’obbligo vaccinale. L’Austria è un po indietro con le vaccinazioni, ma non enormemente. Parliamo di un 10% di differenza rispetto all’Italia di popolazione totale vaccinata: 63% loro contro 72% noi. Non è una cifra poi così enorme. La resistenza potrebbe essere forte sopratutto tra i sanitari, anche se bisogna vedere cosa accadrà se introdurranno, come si discute, il reato di non vaccinazione.

Una misura drastica. Come stanno le cose?

Il disegno di legge è pronto, ma bisogna vedere quale sarà il percorso in parlamento, anche se in Austria quando le Regioni, il governo centrale ed i due principali partiti si mettono d’accordo non ci sono grandi sorprese in parlamento. Anche la compatibilità con la Costituzione sembra sia accertata, anche perché nella carta austriaca non ci sono i diritti fondamentali. Qualche problema potrebbe nascere da incompatibilità con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e con il fatto che alla fine siamo sotto il regime di un’autorizzazione condizionata dell’Ema, che mal si concilia con una vaccinazione forzosa, almeno fino al 2023. Sembra comunque che l’Austria sia candidata a fare da apripista legale di questa via, che si presenta con non poche incertezze.

Ma l’Austria è davvero sull’orlo di un disastro sanitario da rendere necessari questi provvedimenti?

Il ministro della Salute Mückstein ha detto che la situazione è drammatica. Ovviamente a me mancano i dati che ha il governo austriaco, ma non credo che il paese sia sull’orlo di un disastro sanitario. Credo piuttosto che siamo giunti al bilanciamento di provvedimenti non presi in passato a causa di un certo lassismo del governo e dell’indifferenza della popolazione rispetto alla questione Covid. Negli ultimi sette giorni in Austria ci sono stati 190 morti correlati al Covid mentre in Italia 414. Però rispetto ad un anno fa il rapporto Austria/Italia è peggiorato per l’Austria. 

In che senso?

La grossa differenza si vede se paragoniamo l’Italia e l’Austria del novembre 2020, quando eravamo entrambi senza vaccino, con il novembre 2021 quando tutti e due i Paesi hanno iniziato a vaccinare ma in maniera differente. Un calcolo approssimativo ci dice che l’Italia, che ha circa 6 volte la popolazione dell’Austria, nel novembre del 2020 aveva 7 volte i morti per Covid dell’Austria. Nel novembre del 2021 ne abbiamo poco più che 2 volte. Ecco allora che le misure in Austria sono per il momento necessarie perché Vienna deve recuperare con le misure di contrasto, visto che ha una crescita dei contagi e dei decessi parecchio superiore alla nostra. Loro all’inizio di ottobre stavano a 12.000 casi di contagio settimanale, mentre ora a metà novembre sono arrivati ad oltre 70.000. Noi nello stesso periodo siamo passati da 20.000 a 50.000. Non prenderei dunque l’Austria come un modello da seguire di un Paese che ha gestito meglio la pandemia. Anzi per il momento dimostra il contrario, e cioè che se applichi maggiormente il principio di precauzione riesci ad evitare le misure estreme e più liberticide. Però, per completezza, è doveroso dire che in Austria sono stati più attenti sul fronte dei diritti e delle libertà, che non è una cosa da sottovalutare.

Cioè?

Ad esempio non hanno costretto i lavoratori a scegliere tra vaccino gratuito di Stato o tampone a pagamento privato, creando una spaccatura sociale molto forte e pericolosa. In Austria chi non voleva vaccinarsi ma voleva accedere al luogo di lavoro con i tamponi che confermavano la negatività poteva farlo ed i tamponi erano disponibili e gratuiti per tutti. Bisogno vedere se è proprio per questo però che il sistema non ha retto. Ad ogni modo, anche questa particolarità austriaca temo che stia ora per vacillare.

Che conclusioni possiamo trarre, finora, dalla vicenda austriaca?

In primo luogo che ogni Paese fa storia a sé. È bene guardare gli altri Paesi, ma poi bisogna ragionare con i dati del proprio e tenere presenti i vincoli sociali e politici di ciascuna società. Contro il Covid non c’è un’unica strategia di contrasto, ed anzi ogni strategia si basa sull’integrazione di un mix di strumenti di protezione. Più in generale, con i provvedimenti di ieri in Austria mi pare che si inizia ad archiviare il modello di contrasto soft austriaco, che poi è quello nord europeo.

Riassumiamolo per chiarezza.

Una strategia di persuasione alla vaccinazione senza imposizioni e senza ricorrere a drastiche misure restrittive accettando gli effetti del virus che scorre in parte non contrastato. Ieri il primo ministro ha ammesso il fallimento di questo modello “liberale”, lamentandosi del fatto che “troppe persone nel nostro Paese si sono comportate in modo sgradevole”.

E adesso?

Dobbiamo ora vedere cosa accade alle società costruite sul consenso consociativo e sulla responsabilità individuale quando il governo deve imporre scelte non condivise e largamente impopolari.

(Max Ferrario)

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