Da tempo sospettiamo che il coronavirus circoli da prima del dicembre 2019: quello è soltanto il momento in cui il mondo ha scoperto della sua esistenza guardando con sgomento – e un certo distacco – a ciò che stava accadendo in Cina e più precisamente a Wuhan. Adesso uno studio pubblicato l’11 novembre su Tumori Journal, con prima firma Giovanni Apolone, direttore scientifico Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori Milano, sostiene una tesi che se confermata avrebbe del clamoroso: il virus scorrazzava liberamente già dall’estate del 2019. A questa tesi si è giunti osservando che a settembre 2019 il 14% del campione sottoposto a screening per il tumore al polmone nell’ambito del progetto “Smile”, che da settembre 2019 a marzo 2020 ha arruolato 959 volontari sani per sottoporli a Tac spirale ai polmoni e analisi del sangue, presentava anticorpi per il nuovo Coronavirus.
“COVID IN ITALIA GIA’ IN ESTATE 2019”: LO STUDIO CHOC
Intervenuto al Tg1, il professor Apolone ha spiegato: “Abbiamo trovato tracce del virus attraverso gli anticorpi a dicembre, novembre, ottobre e soprattutto a settembre 2019“. I ricercatori dell’Istituto nazionale dei tumori, in collaborazione con i colleghi delle università di Milano e Siena, allo scoppio della pandemia hanno pensato bene di effettuare il test sierologico a tutti i campioni di sangue conservati. Il risultato è stato a dir poco sorprendente: su 959 campioni, 111 sono risultati positivi all’immunoglobulina G (16 casi) o all’immunoglobulina M (97 casi). In particolare, di questi 111 positivi, 23 sono risalenti a settembre, 27 a ottobre, 26 a novembre, 11 a dicembre, 3 a gennaio e 21 a febbraio. I campioni di sangue positivi appartengono a persone provenienti da 13 regioni, in gran parte dalla Lombardia, poi da Piemonte, Lazio, Emilia Romagna, Toscana e Veneto. Il virus era dunque in Italia da molto prima della sua identificazione: “Già da novembre 2019, molti medici di medicina generale hanno iniziato a segnalare la comparsa di gravi sintomi respiratori in persone anziane e fragili con bronchite bilaterale atipica, che è stata attribuita, in assenza di notizie sul nuovo virus, a forme aggressive di influenza stagionale“, scrivono gli autori dello studio.
Ai microfoni del Tg1, il prof. Apolone ha spiegato la portata potenziale di una scoperta del genere:”Potremmo migliorare le nostre capacità di identificazione, di tracciamento e di contenimento del virus. Queste evidenze ci dovrebbero consentire di identificare, e di fatto di diagnosticare, in una fase molto più precoce persone contagiate, in maniera tale da offrire delle corrette indicazioni di stadiazione e soprattutto di terapie e di trattamento“.