È un’autentica catastrofe umanitaria quella in cui l’India sta sprofondando. Nelle ultime ore il numero di persone contagiate dal Covid è aumentato di 349.691 unità, per un totale di 16,96 milioni di casi con 192.311 morti. E pensare che solo lo scorso gennaio la situazione era l’opposto, tanto che si parlava di raggiunta immunità di gregge: 13mila nuovi casi e solo 86 morti il 31 gennaio.



Il problema dell’India è che non è possibile avere statistiche certe, dato l’enorme numero di popolazione (1,3 miliardi) e la vastità del paese, che comprende ampie zone rurali quasi impossibili da raggiungere. Nelle ultime settimane poi è scoppiato il caso della variante indiana, composta da due mutazioni del virus, e tutto è precipitato.



“L’India non corrisponde più all’immagine che ne avevamo, da diversi anni sta subendo una trasformazione che l’ha portata a essere una delle grandi potenze economiche mondiali, ma è certamente ancora in una fase di transizione con molte contraddizioni. Accanto a ospedali super specializzati esistono aree rurali quasi prive di servizi” ci ha detto il professor Massimo Introvigne, sociologo, fondatore del Cesnur. “L’India è assunta a ruolo alternativo della Cina per l’utilizzo di manodopera e la localizzazione di grandi imprese. Se le sue capacità economiche venissero travolte dal Covid sarebbe una vittoria implicita della Cina ma un disastro per chi cerca alternative proprio alla Cina”.



L’India è travolta da una seconda ondata di Covid devastante. Per quali motivi?

In un paese così grande, senza un controllo poliziesco come la Cina, ma sostanzialmente democratico, anche se piuttosto caotico, e anche con una forte sensibilità dei cittadini per i loro diritti, i grandissimi numeri rendono difficile qualunque tipo di gestione. Se il virus che era rimasto fino a poco tempo fa su numeri non particolarmente cattivi, adesso lo sviluppo della variante e la situazione del paese ne favoriscono la diffusione.

L’immagine che abbiamo noi in Occidente dell’India è quella di una  paese con grandi povertà, divisioni in caste, disagio estremo. Queste caratteristiche possono contribuire alla diffusione del virus?

L’immagine che abbiamo in Occidente dell’India è un po’ datata. È un paese in forte progresso, dove ad esempio ci sono aree urbane come quella di Bangalore che ha ospedali e servizi sanitari adeguati. Accanto però ci sono città sovraffollate e aree rurali dove i servizi stanno ancora arrivando. Il progresso è ancora a metà del guado, e questa crisi che colpisce parti del paese significative impreparate.

Cos’ha significato per un paese come l’India la pandemia di Covid?

È un paese che il Covid ha colto nel mezzo di una transizione avviata ma non completata, accompagnata da problemi politici come le tensioni con la Cina, il Pakistan, il Bangladesh. Un coacervo di grandi problemi politici in parte anche religiosi, con la minoranza musulmana e la maggioranza indù. Problemi in parte endemici.

E l’India può venirne fuori?

La crescita era promettente, il Covid l’ha frenata, d’altra parte ha frenato il mondo intero. Temo che la variante, molto contagiosa, sia un colpo molto duro da cui non si tirerà fuori facilmente.

Gli Stati Uniti si stanno muovendo con un piano di aiuti molto forte. Che ruolo ha l’India nello scacchiere internazionale?

Aiuti comprensibili e obbligati. L’America ha bisogno di produzioni che ha delocalizzato da tempo in paesi che mettono a disposizione masse illimitate di lavoratori e questi paesi sono solo due, la Cina e l’India. Già prima di Trump, ai tempi di Obama era stato avviato un disegno strategico per spostare produzioni dalla Cina all’India, un paese ufficialmente democratico e non allineato, ma più vicino all’America di quanto siano Cina e Russia.

Per cui un’India in crisi condizionerebbe fortemente anche l’Occidente?

Esatto. Se l’India entra in una crisi sistemica in un momento in cui la Cina ne è uscita, il disegno americano salta. Anche l’Europa dovrebbe incoraggiare e sostenere l’India, perché dipendere dall’India è meglio che dipendere dalla Cina. Se le sue capacità economiche venissero travolte dal Covid sarebbe una vittoria implicita della Cina, ma un disastro per chi cerca alternative.

(Paolo Vites) 

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